GALILEU · e‑ISSN 2184‑1845 · Volume XXII · Issue Fascículo 1 · 1st January Janeiro – 30th June Junho 2021 · pp. 81‑112 81
La sanzione senza precetto. Verso un congedo
delle misure di prevenzione dalla materia
penale?
The sanction without prescription. Towards a dismissal of
preventive measures from criminal matters?
FEDERICO CONSULICH1
federico.consulich@unige.it
GALILEU–REVISTA DE DIREITO E ECONOMIA · eISSN 2184‑1845
Volume XXII · 1st January Janeiro–30TH June Junho 2021 · pp. 81‑112
DOI: https://doi.org/10.26619/2184‑1845.XXII.1.5
Submitted on March 12th, 2021 · Accepted on April 28th, 2021
Submetido em 12 de Março, 2021 · Aceite a 28 de Abril, 2021
SOMMARIO Le misure di prevenzione personali veicolano seri rischi di lesione dei
diritti dei cittadini. In particolare, il giudizio di pericolosità, su cui si fondano, difetta di
determinatezza tanto nella base quanto nel metro di valutazione, rappresentando così
un punto di crisi della disciplina italiana rispetto alle garanzie costituzionali e a quelle
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Nella costruzione di uno statuto costituzionale e convenzionale della prevenzione,
occorre guardarsi dal ricavare per analogia una serie di tutele previste in campo
penale, edificando invece un autonomo corredo di garanzie, in ragione della peculiare
conformazione di tali misure, in primis l’assenza di un illecito del destinatario quale loro
presupposto.
È dunque giunto il tempo di abbandonare il tentativo di riproporre, in questo settore,
simmetrie astratte con il diritto penale: troppo facile per il legislatore aggirare il problema
di una sanzione senza delitto con qualificazioni formali di facciata e troppo distante
la struttura della fattispecie di prevenzione da quella di un’incriminazione, come ci
ricorda anche la giurisprudenza convenzionale. Meglio piuttosto aggiornare i lineamenti
dell’habeas corpus affinché sia in grado di contrastare i molteplici meccanismi abusivi
con cui la libertà personale viene oggi compressa, a volte prima della, a volte a prescindere
dalla commissione di un reato.
1 Professore Ordinario di diritto penale. Professore di diritto penale presso l’Università di Genova
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PAROLECHIAVE diritto penale, misure di prevenzione, Convenzione europea dei diritti
dell’uomo
SUMMARY Personal prevention measures present a serious risk to citizens’ rights. In
particular, the judgement of dangerousness, on which they are grounded, has a lack
of determination both in the basis and in the yardstick, representing a critical point
in the Italian discipline with regard to constitutional guarantees and the guarantees
of the European Convention on Human Rights.
In t he development of a const it utiona l and conventiona l stat ute of prevention, it is necessa r y
to avoid deriving, by analogy, a series of protections required in the criminal field, creating
instead an autonomous range of guarantees, due to the specific structure of such measures,
first of all the absence of an illegal act of the recipient as their prerequisite.
It is therefore appropriate to abandon the attempt to reproduce, in this field, abstract
symmetries with criminal law: it is too easy for the legislator to avoid the problem of a
sanction without a crime through formal qualifications and the structure of prevention is
too distant from the structure of an indictment, as conventional jurisprudence reminds
us. Rather, it is better to update the habeas corpus features in order to be able to oppose the
several abusive mechanisms used today to reduce personal freedom, sometimes before,
sometimes regardless of the commission of a crime.
KEYWORDS criminal law, prevention measures, European Convention on Human Rights
Introduzione. Leccezione della prevenzione: la sanzione senza precetto
Senza scomodare raffinate teorie delle norme, più prosaicamente si può dire che il pena-
lista è avvezzo a maneggiare norme composte da un precetto (o norma comportamentale)
e una sanzione (o norma sanzionatoria) da applicarsi nel caso di fallimento, vale a dire di
mancato rispetto della prima.
Tuttaltro lo scenario nel campo delle misure di prevenzione. Queste sono struttural-
mente, oseremmo dire ontologicamente, difformi rispetto alla norma penale per due prin-
cipali motivi:
(i) si tratta di norme che difettano di precetto, a meno di non volerlo ricos-
truire in termini generalissimi e al limite del non sense (potrebbe suonare così:
«non accingerti a commettere reati, oppure «non sostentarti tramite la commissione
di illeciti!» e via dicendo);
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(ii) pur in assenza di precetto, sono caratterizzate dall’ipervalidità della san-
zione, o meglio, di una ‘pseudo-sanzione, data l’assenza di un imperativo da
rinforzare con una punizione. Nella prevenzione si avverte infatti una decisa
afflittività del potere pubblico nei confronti di un privato, in assenza di una vio-
lazione di un divieto o di un comando. Si ha così il paradosso di una reazione
statuale, afflittiva spesso non meno di una pena, pur in mancanza di un illecito
cui reagire.
Che ci si trovi dunque di fronte ad un aliud rispetto all’universo penalistico è evidente.
Tanto adottando una prospettiva, per così dire, imperativista, quanto normativista.
La prima, così influente sul tecnicismo giuridico italiano di inizio Novecento e sulla
scuola classica tedesca, come noto concepisce il diritto penale come strumento di condi-
zionamento diretto dei consociati attraverso comandi2: ebbene, la prevenzione è per lo più
pura afflizione senza un previo ordine generale e astratto rivolto ai destinatari.
Anche in una prospettiva à la Kelsen, a cui il penalista italiano è dal dopo guerra ad
oggi legato a doppio filo, come si ben può leggere nei lavori di Marcello Gallo agli inizi
degli anni Cinquanta e ancor oggi conferma Paliero3, non può che percepirsi l’estraneità
delle misure ante delictum: nel paradigma esplicativo kelseniano la sanzione (o norma san-
zionatoria), da intendere come vera e propria ratio essendi di una norma valida, rappresenta
la seconda componente dell’enunciato ipotetico deontico, accanto al precetto comportamen-
tale. Sicché delle due l’una: se quest’ultimo è rispettato, il precetto sanzionatorio rivolto ai
giudici non trova applicazione, se invece non lo è, si deve attivare la risposta reattiva dell’or-
dinamento4. Nel caso delle misure di prevenzione invece la norma sanzionatoria opera a
prescindere da questo meccanismo.
Ci troviamo allora in presenza di una disciplina sui generis, che nonostante la tradizio-
nale assimilazione al diritto penale, non ha con questo nulla a che spartire.
Proprio nella indubbia originalità della prevenzione risiede il problema fondamentale
delle misure ante delictum, quanto meno nell’ambito di uno Stato di diritto: esse difettano di
una giustificazione per la cifra di sofferenza che veicolano a carico del destinatario.
2 Il riferimento corre qui alla riflessione di THON, August – Norma giuridica e diritto soggettivo, trad. it. a cura di
LEVI, Alessandro, Padova: CEDAM, 1951.
3 Si veda l’approccio di Marcello Gallo in Il concetto unitario di colpevolezza, Milano: Giuffré, 1951, p. 109 ss., nonché
l’affermazione di Paliero «come penalista, non posso non dirmi kelseniano», in PALIERO, Carlo Enrico – L’indif-
ferenza costruttiva, il contributo della sociologia di Theodor Geiger a teoria e prassi del diritto penale. In: Rivista
italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2019, p. 724.
4 Si veda KELSEN, Hans – La dottrina pura del diritto. Torino: Einaudi, 1967 e KELSEN, Hans – Lineamenti di dottrina
pura del diritto. Torino: Einaudi, 1970.
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In altro modo, non diversamente dal diritto penale, esse presentano al legislatore ‘il
conto’ in termini di elevato costo sociale, in chiave di incapacitazione, quanto meno par-
ziale, del destinatario (per le misure personali), di danno economico per lo stesso (per quelle
patrimoniali), senza alcuna contropartita in termini di tutela diretta di beni giuridici.
Questi ultimi sono presenti sullo sfondo, ma non come destinatari di un’offesa, ma di una
prevenzione generalizzata e indistinta.
Ciò non di meno la proliferazione del tessuto della prevenzione ne testimonia l’intrin-
seca appetibilità per il legislatore contemporaneo attento a garantirsi un pervasivo stru-
mento di controllo sociale; la circostanza dovrebbe indurre ad un’estrema diffidenza il
penalista liberale, come rispetto ad ogni altro istituto che si faccia comodo strumento della
tutela del livido volto dell’ordine pubblico.
1. I molteplici volti della prevenzione, dalla dimensione pubblica a quella privata
Nel nostro ordinamento il ricorso alle misure di prevenzione è una costante che affonda le
radici addirittura nella legislazione preunitaria sabauda5. Lungi dal ripercorrere le molte-
plici evoluzioni normative in argomento, si può però facilmente costruire una tassonomia
che schematizzi le aree di impiego di siffatti strumenti, via via aggregatesi l’una sull’altra.
a) In un primo stadio, e per lungo tempo, le misure ante delictum sono state
lo strumento elettivo per il contrasto al mero ‘disordine sociale’ e a tutela dell’ordine
pubblico ‘comune’, inteso come pubblica tranquillità (paradigmatica in questo senso
la menzione, tra i destinatari possibili, di oziosi e vagabondi)6: ancora in questa
luce deve essere letta la l. 27.12.1956 n. 1423.
5 Si vedano le nitide riflessioni in proposito di PADOVANI, Tullio – Fatto e pericolosità. In: PAVARINI Massimo;
STORTONI Luigi (a cura di). Pericolosità e giustizia penale. Bologna: Bononia University Press, 2013, p. 122. La no-
tazione è di STANIG, Eva – Levoluzione storica delle misure di prevenzione. In: FIORENTIN, Fabio (a cura di).
Misure di prevenzione personali e patrimoniali. Torino: Giappichelli, 2018, p. 39. Sull’evoluzione storica delle misure di
prevenzione FIANDACA, Giovanni – Misure di prevenzione (profili sostanziali). In: Digesto discipline penalistiche,
VIII, Torino, 1994, p. 109 ss.; MAIELLO, Vincenzo – La prevenzione ante delictum: lineamenti generali. In: PALAZZO
Francesco; PALIERO, Carlo Enrico (diretto da). Trattato teorico pratico di diritto penale, XII. Torino: Giappichelli, 2015,
p. 300 ss.
6 Sul nesso strutturale tra i concetti di pubblica tranquillità e ordine pubblico sia consentito il rinvio a CONSU-
LICH, Federico – Reati contro lordine pubblico. In: ANTOLISEI Francesco; GROSSO Carlo Federico (a cura di).
Manuale di diritto penale, Parte speciale, II. Milano: Giuffré, 2016, p. 100. Nello stesso senso PELISSERO, Marco – La
nozione di ordine pubblico. In: PELISSERO, Marco (a cura di). Reati contro la personalità dello Stato e contro
l’ordine pubblico. In: PALAZZO, Francesco; PALIERO, Carlo Enrico (diretto da). Trattato teorico pratico di diritto pe-
nale, IV. Torino: Giappichelli, 2010, p. 225 ss. e, in precedenza, DE VERO, Giancarlo – Tutela dell’ordine pubblico
e reati associativi. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 1992, p. 93; DE VERO, Giancarlo – Tutela
penale dell’ordine pubblico, Milano: Giuffré, 1988, p. 39 ss., nonché FIANDACA, Giovanni – Criminalità organizzata
e controllo penale. In: Indice penale, Roma, 1991, p. 5; nella manualistica, sulla nozione di ordine pubblico materiale,
declinato in senso oggettivo, come tranquillità, pace e quiete pubblica, o in accezione soggettiva, come opinione
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b) In un secondo momento, a partire dagli anni Sessanta e attraverso una
serie di tappe intermedie, tra cui spiccano la l. 31.5.1965 n. 575, la l. 22.5.1975 n.
152 e la l. 13.9.1982 n. 646, si è assistito ad un salto di qualità nell’impiego del-
le misure di prevenzione, dispiegate contro le variegate forme di antagonismo
all’ordinamento e finanche a presidio della sicurezza costituzionale, nei confronti delle
associazioni criminali prima e di quelle terroristiche dopo7.
c) Successivamente si è assistito ad un ‘revival’, da parte del legislatore, della
vocazione poliziesca dello strumento, che non si è però eclissata, riaggallando
dapprima nel 1989, con la l. 13.12.1989 n. 401 (rimodulata poi dal d.l. 22.8.2014
n. 119), quando sono state introdotte misure di interdizione all’accesso a luoghi
dove si svolgono manifestazioni sportive (c.d. d.a.spo. di cui all’art. 6) per de-
terminate categorie di soggetti ‘violenti’8; successivamente nel 1998, con l’es-
dei cittadini sulla sicurezza, CADOPPI, Alberto; VENEZIANI, Paolo – Elementi di diritto penale. Parte speciale. Padova:
CEDAM, 2016, p. 177 ss.; FIANDACA, Giovanni; MUSCO, Enzo – Diritto penale, Parte speciale, I. Bologna: Zanichelli,
2012, p. 474 ss. In generale, sullordine pubblico come oggetto di tutela penale cfr. DE VERO, Giancarlo – Ordine
pubblico (delitti contro). In: Digesto discipline penalistiche, IX, Torino, 1995, p. 72 ss; MOCCIA, Sergio. Ordine pub-
blico (disposizioni a tutela dell’). In: Enciclopedia giuridica Treccani, XXII, Roma, 1990, p. 1 ss.; FIORE, Carlo – Ordine
pubblico (dir. pen.). In: Enciclopedia del diritto, XXX, Milano, 1980, p. 1084. Sulla connessione tra ordine pubblico
e pubblica tranquillità si veda anche la giurisprudenza, pur se in tutt’altro contesto rispetto alle misure di pre-
venzione (l’applicazione dell’art. 419 Cp): Cass. 6.5.2014, dep. 9.9.2014, n. 37367 (Rv. 261932), in Rivista italiana di
diritto e procedura penale, 2015, p. 152, con nota di G.P. DEMURO, La fattispecie di devastazione: una sua descrizione, tra
oensività e ragionevolezza. Per la Cassazione all’«ordine pubblico, inteso come buon assetto o regolare andamento
del vivere civile, corrispondono, nella collettività, l’opinione e il senso della tranquillità e della sicurezza». Nello
stesso anche Cass. 1.4.2010, dep. 14.6.2010, n. 22633, in CEDCass m. 247418.
7 Sull’evoluzione del concetto di ordine pubblico, fino a giungere alla nozione di ordine pubblico costituzionale
come presupposto per la preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale sulla base degli inter-
venti della Consulta, si veda FORNASARI, Gabriele – Introduzione. In: FORNASARI, Gabriele; RIONDATO, Silvio
(a cura di). Reati contro l’ordine pubblico, Torino: Giappichelli, 2017, XVIII. Rilevanti sono, in particolare, le sentenze
n. 19/1962 e n. 168/1971. Nella prima si può leggere (§ 4 del considerato in diritto) che se «l’ordine pubblico è un
bene inerente al vigente sistema costituzionale, non può del pari dubitarsi che il mantenimento di esso – nel
senso di preservazione delle strutture giuridiche della convivenza sociale, instaurate mediante le leggi, da ogni
attentato a modificarle o a renderle inoperanti mediante l’uso o la minaccia illegale della forza – sia finalità
immanente del sistema costituzionale». Nella seconda si assiste alla reinterpretazione del concetto, anche se
contenuto nella legislazione precostituzionale (§ 3 del considerato in diritto della seconda delle due pronunce):
«è ovvio che la locuzione “ordine pubblico” ricorrente in leggi anteriori al gennaio 1948 debba intendersi come
ordine pubblico costituzionale (sentenza n. 19 dell’anno 1962) che deve essere assicurato appunto per consentire
a tutti il godimento effettivo dei diritti inviolabili dell’uomo». Rileva come storicamente la nozione di ordine
pubblico abbia rivelato una debolezza concettuale cronica, che l’ha predisposta a mistificare finalità pubbliche
eminentemente preventive, INSOLERA, Gaetano – Sicurezza e ordine pubblico. In: DONINI, Massimo; PAVARI-
NI, Massimo (a cura di). Sicurezza e diritto penale. Bologna: Bononia University Press, 2011, p. 202 s.
8 Sull’evoluzione normativa riguardante questa misura e sui profili di criticità riferibili alla sua compatibilità con
la Costituzione, soprattutto, ma non solo, per i profili procedimentali, PAVICH, Giuseppe; BONOMI, Andrea –
Daspo e problemi di costituzionalità. Disponibile in: www.penalecontemporaneo.it, 25.5.2015; in argomento anche
CURI, Francesca – Prevenzione “intelligente”: “l’arma” che colpisce solo obiettivi pericolosi. Tra vacuità simbolica
e azzeramento delle politiche sociali e VALENTINI Elena – D.a.spo. e obbligo di firma: si acuiscono le perplessità
di ordine costituzionale, entrambe in: CURI, Francesca (a cura di). Ordine pubblico e sicurezza nel governo della città,
Bologna: Bononia University Press, 2016, rispettivamente 63 ss. e 81 ss.
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pulsione prefettizia dello straniero, di cui all’art. 13 del d. lgs. 25.7.98 n. 286, con
particolare riferimento alla lett. c del co. 2, in base al quale l’allontanamento dal
territorio dello Stato si pone come misura speciale per soggetti riconducibili alle
fattispecie di pericolosità generica o specifica. In questo filone può ben inserirsi
tra gli interventi più recenti il c.d. ‘d.a.spo. urbano’, sul modello di quello previsto
nell’ambito degli eventi sportivi e volto a implementare la sicurezza nei centri
cittadini9, introdotto dagli artt. 9 e 10 d.l. 20.2.2017 n. 14 conv. in l. 18.4.2017 n. 48.
d) Si è registrata poi sempre nella direzione sovraindividuale, ma passan-
do dall’ordine pubblico alla pubblica amministrazione, la l. 17.10.2017 n. 161, che ha
incluso, tra i soggetti a pericolosità qualificata di cui all’art. 4 d. lgs. 159/2011,
gli indiziati di appartenenza all’associazione per delinquere finalizzata alla com-
missione di delitti contro la P.A.10.
e) Infine, un nuovo imprevedibile campo di utilizzo. La ‘codificazione’ del
2011 non ha però implicato una sedimentazione delle misure: proprio a cavallo
del cambio di decennio si è, infatti, constatata un’ulteriore espansione di questi
strumenti, che peraltro hanno assunto un aspetto mutevole, in una direzione
‘privatistica’ (venendo cioè impiegati, in questo secondo caso, nellambito di vi-
cende marcatamente individuali, ben lontane da un contesto di rischio per la
collettività). Un nuovo modello di prevenzione, per così dire ‘inter privatos, rispe-
tto a cui è esemplare il caso del c.d. stalking. Il riferimento corre all’ammonimen-
to del questore di cui all’art. 8 d.l. 23.2.2009 n. 11 (convertito dalla l. 23.4.2009 n.
38), a cui è stato poi fatto rinvio, in un secondo tempo, nell’ambito delle misure
relative a condotte di violenza domestica di cui all’art. 3 d.l. 14.8.2013 n. 93 conv.
in l. 15.10.2013 n. 11911. Rileva in quest’ottica anche l’art. 7 l. 29.5.17 n. 71, che ha in-
9 Il concetto di ‘sicurezza urbana’ appare una sorta di neologismo giuridico, di evoluzione municipale dello statua-
listico ordine pubblico, e viene così definito dallart. 4 del d.l. 14/2017: «ai fini del presente decreto, si intende per
sicurezza urbana il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso
interventi di riqualificazione, anche urbanistica, sociale e culturale, e recupero delle aree o dei siti degradati, l’elimi-
nazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità, in particolare di tipo pre-
datorio, la promozione della cultura del rispetto della legalità e laffermazione di più elevati livelli di coesione sociale
e convivenza civile, cui concorrono prioritariamente, anche con interventi integrati, lo Stato, le Regioni e Province
autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nel rispetto delle rispettive competenze e funzioni».
10 Sull’introduzione della fattispecie di cui all’art. 4 lett. i bis si veda MAIELLO, Vincenzo – La corruzione nel prisma
della prevenzione ante delictum. Disponibile in: www.discrimen.it, 4.12.2018.
11 In particolare, l’art. 3 co. 1 dispone: «Nei casi in cui alle forze dell’ordine sia segnalato, in forma non anonima,
un fatto che debba ritenersi riconducibile ai reati di cui agli articoli 581, nonché 582, secondo comma, consuma-
to o tentato, del codice penale, nell’ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può
procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate
dei fatti, all’ammonimento dell’autore del fatto. Ai fini del presente articolo si intendono per violenza domestica
uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano
all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di
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trodotto l’ammonimento anche in relazione a fatti suscettibili di integrare i reati
di cui agli artt. 594, 595, 612 Cp e 167 del c.d. Codice Privacy, compiuti mediante
internet da minorenni ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne12.
Nel frattempo, raggiunta una fase, per così dire di ‘maturità’ del sistema della pre-
venzione, si è assistito ad un consolidamento, in un unico testo normativo della stratifi-
cazione normativa decennale che ormai si era registrata. Si è così giunti al d. lgs. 159/2011
(Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione13).
Al netto degli interventi normativi anche recentissimi, è possibile constatare l’assesta-
mento di un rapporto ‘a specchio’ tra misure di prevenzione ante delictum e misure di sicu-
rezza post delictum, che trova la propria ‘cerniera’ nel concetto di pericolosità personale: prima
del reato, questa assume le fattezze della pericolosità per la sicurezza pubblica (si vedano artt.
2 co. 1 e 6 co. 1 del d. lgs. n. 159) e giustifica l’adozione di una misura di prevenzione; dopo
l’illecito, viene normativamente declinata come pericolosità sociale, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 202 e 203 Cp, e fonda l’applicazione di una misura di sicurezza14.
matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia
condiviso la stessa residenza con la vittima».
12 Sull’aumento applicativo delle misure di prevenzione si soffermano, chiedendosi se si tratti di un fenomeno
transitorio o strutturale, FIORE Carlo; FIORE Stefano – Diritto penale, Torino: UTET, 2016, p. 765; sulla espansione
progressiva del sistema della prevenzione in epoca repubblicana si vedano, tra gli altri, FIANDACA, Giovanni;
MUSCO, Enzo – Diritto penale. Parte generale, Bologna: Zanichelli, 2019, p. 921 ss. Di larga applicazione delle misure di
prevenzione personali, a dispetto di una attenzione inesistente da parte della manualistica penale, parla VIGANÒ,
FRANCESCO  LA NEUTRALIZZAZIONE DEL DELINQUENTE PERICOLOSO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO.
IN: PAVARINI MASSIMO; STORTONI LUIGI A CURA DI. PERICOLOSITÀ E GIUSTIZIA PENALE. BOLOGNA: BO
NONIA UNIVERSITY PRESS, 2013, P. 61. DI RECENTE, SULL’INCESSANTE ESPANSIONE DEL SISTEMA DI PRE
VENZIONE ANCHE MAZZACUVA, FRANCESCO  LA PREVENZIONE SOSTENIBILE. IN: CASSAZIONE PENALE,
MILANO, 2018, P. 1019. IN UNA CARRELLATA LUNGO I RECENTI TRACCIATI DELLA PREVENZIONE PERSONA
LE È D’OBBLIGO UNA MENZIONE PER IL TENTATIVO DEL LEGISLATORE, POI ABORTITO IN CONSEGUENZA
DELLA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N. 94/2016, DI INTRODURRE UN NUOVO ART. 75 BIS NEL
D.P.R. 9.10.1990 N. 309, ESTENDENDO LE MISURE DI PREVENZIONE AI TOSSICODIPENDENTI CHE AVESSERO
COMMESSO ILLECITI AMMINISTRATIVI IN MATERIA DI STUPEFACENTI AI SENSI DELLART. 75 DEL MEDE
SIMO D.P.R., QUALORA NE POTESSE DERIVARE PERICOLO PER LA SICUREZZA PUBBLICA E LA CUI VIOLA
ZIONE INTEGRAVA UN ILLECITO CONTRAVVENZIONALE. LA CORTE NE HA SANCITO L’ILLEGITTIMITÀ IN
CONSIDERAZIONE DEL DEFICIT DI OMOGENEITÀ E DI FUNZIONALITÀ TRA DECRETOLEGGE E LEGGE DI
CONVERSIONE. SI TRATTAVA PRECISAMENTE DELLART. 4 QUATER DEL D.L. 30.12.2005 N. 272, COME CONVER
TITO DALLART. 1 CO. 1 DELLA L. 21.2.06 N. 49.
13 Naturalmente il provvedimento del 2011 non ha nulla di un codice in senso tecnico, come evidenziato critica-
mente MANGIONE, Angelo – Le misure di prevenzione. In: CADOPPI, Alberto; CANESTRARI, Stefano; MANNA,
Adelmo; PAPA, Michele (a cura di). Trattato di diritto penale. Parte generale, III. Torino: UTET, 2014, p. 443 ss. La l. n.
1423/1956 è stata abrogata definitivamente dal d. lgs. 159/2011, il cui art. 116 prescrive che ogni riferimento alla l.
n. 1423 vada inteso come operato al decreto del 2011.
14 La Corte costituzionale, nella sentenza n. 177/1980 (C. cost., 16.12.1980 n. 177, in Giurisprudenza costituzionale, 1980,
153 ss. con nota di M. BRANCA, In tema di fattispecie penale e riserva di legge), ha parlato a proposito di misure di
prevenzione e misure di sicurezza come di due species del medesimo genus. La somiglianza è ribadita più di
recente dalla sentenza n. 291/2013. Sulla stretta comunanza funzionale delle due tipologie di misure, pur se
diverse per evoluzione storica e tasso di garanzia, PULITANÒ, DOMENICO  MISURE DI PREVENZIONE E
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2. Prevenzione e diritto penale: analogie funzionali e difformità
strutturali
Avendo misurato l’estensione del perimento delle misure di prevenzione nel nostro ordi-
namento, è ora il tempo di indagarne i caratteri tipici, anche attraverso un confronto con
le sanzioni penali, rispetto a cui si possono notare molteplici affinità.
Basti considerare il profilo funzionale di entrambe: gli scopi perseguiti (la prevenzione
dei reati) e i meccanismi impiegati (l’incisione della libertà personale, quanto meno per le
misure in analisi) sono del tutto assimilabili.
Si tratta di strumenti aittivi, sia per la sofferenza specifica che veicolano a carico del
destinatario, sia per la stigmatizzazione sociale che ne deriva15. Sono gli interessi perso-
nalissimi attinti da tali misure e la degradazione che ne consegue, già notata dalla Corte
costituzionale nella nota sentenza n. 68 del 1964, ad avvicinarle inevitabilmente ai prin-
cipi penalistici di garanzia.
In questo senso può rilevare:
i) la modulazione della misura in sé: si pensi alle prescrizioni in tema di sor-
veglianza speciale, che possono far tracimare quest’ultima dalla mera limita-
zione della libertà personale alla privazione di fatto della stessa, in modo non
dissimile da una sanzione penale in senso stretto16;
PROBLEMA DELLA PREVENZIONE. IN: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE, MILANO, 2017, P.
641. DI RECENTE LA DOTTRINA HA EVIDENZIATO CHE RISPETTO ALLE MISURE DI PREVENZIONE SI È
REALIZZATA UNA TRUFFA DELLE ETICHETTE, TRATTANDOSI SOSTANZIALMENTE DI MISURE DI SICU
REZZA ALMENO DOPO IL 2011, SI VEDA DONINI, MASSIMO  SEPTIES IN IDEM. DALLA “MATERIA PENALE”
ALLA PROPORZIONE DELLE PENE MULTIPLE NEI MODELLI ITALIANO ED EUROPEO. CASSAZIONE PENALE,
MILANO, 2018, P. 2288. PER MANNA, ADELMO  NATURA GIURIDICA DELLE MISURE DI PREVENZIONE:
LEGISLAZIONE, GIURISPRUDENZA DOTTRINA. ARCHIVIO PENALE, PISA, 2018, 3, P. 17 S., SAREBBE NECESSA
RIO, DE IURE CONDENDO, RICONDURRE LE MISURE DI PREVENZIONE NELL’AMBITO PENALISTICO CON
VERTENDOLE IN MISURE DI SICUREZZA; A QUESTO SCOPO OCCORREREBBE PROCEDERE AD UNA LORO
TRASFORMAZIONE STRUTTURALE, COLLEGANDOLE CIOÈ FORMALMENTE AD UN FATTO DI REATO. DI
RECENTE SI È AVANZATA LA PROPOSTA DI RILEGGERE LA VALUTAZIONE DI PERICOLOSITÀ NELL’OTTI
CA DELLA DISCIPLINA DEI PRESUPPOSTI DI APPLICAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI, IN PARTICOLA
RE DEL GIUDIZIO DI CUI ALLART. 274 LETT. C, TRATTANDOSI ANCHE IN QUEST’ULTIMO CASO DI UNA
PROGNOSI DESUNTA DALLA COMBINAZIONE DI SITUAZIONI INCERTE, PROPRIO COME ACCADE NEL
PROCEDIMENTO DI PREVENZIONE, V. FURFARO, SANDRO  PER UNA DEFINIZIONE NORMATIVA DI PE
RICOLOSITÀ SOCIALE NEL CODICE DELLE MISURE DI PREVENZIONE. IN: ARCHIVIO PENALE, PISA, 2017, 3,
P. 1079 SS.
15 Lafflittività delle misure di prevenzione è notata già da ELIA, Leopoldo – Libertà personale e misure di prevenzione.
Milano: Giuffré, 1962, p. 21; AMATO, Giuliano – Commento all’art. 13, Bologna-Roma: Zanichelli-Il foro italiano,
1977, p. 49 benché la Corte costituzionale, con la sentenza n. 68/1964, abbia escluso dal novero delle sanzioni le
misure di prevenzione.
16 Lo segnala anche, tra gli altri e di recente, PELISSERO, Marco – I destinatari della prevenzione praeter delictum: la
pericolosità da prevenire e la pericolosità da punire. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p.
440. Già in precedenza rilevava come le conseguenze penali della violazione di una qualunque delle prescrizioni
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ii) la disciplina generale degli effetti di siffatti strumenti, al di là delle pres-
crizioni connesse alle singole misure: lapplicazione di queste ultime, in base al
disposto degli artt. 66 e 67 d. lgs. 159/2011, implica una serie di interdizioni e
decadenze automatiche, di tipo afflittivo e desocializzante, con la conseguente
espulsione del prevenuto dal circuito economico17.
Anche per altro verso si possono notare momenti di vera e propria tangenza tra misure
ante delictum e sistema penale.
A mero titolo di esempio, si ricordi che la violazione delle prescrizioni è sanzionata
con la reclusione da uno a tre anni e con la multa, ai sensi dell’art. 76 co. 2 d.lgs. 159/2011,
o che la sottoposizione a misura di prevenzione personale (o l’esserlo stato nei tre anni
precedenti) aggrava il trattamento sanzionatorio per una cospicua serie di illeciti penali,
ai sensi dell’art. 71 d. lgs. 159/201118.
Ciò non di meno è evidente, altresì, una netta cesura tra le due normative.
Le misure di prevenzione non hanno alcuna connotazione retributiva, perché, più in
radice, è assente il presupposto di un fatto illecito da sanzionare proporzionalmente. Esse,
infatti, non prendono le mosse da un’offesa ingiusta che costituisca fondamento giustifi-
cativo e limite della punizione legittima.
A ben guardare manca il prius logico di un qualsiasi tipo di sanzione, poiché per essere
tale, una misura afflittiva deve implicare per l’autore un danno superiore all’offesa cagio-
nata all’interesse protetto dall’ordinamento o comunque una riduzione qualitativa della
sua condizione socioeconomica rispetto a quella precedente alla condotta illecita19. Nulla
di tutto ciò avviene per le misure in analisi, che operano in via anticipata rispetto a qual-
imposte celebrassero la liturgia della morte civile del prevenuto, BRICOLA, Franco – Forme di tutela «ante deli-
ctum» e profili costituzionali della prevenzione. In: Scritti di diritto penale, vol. I, Tomo II, Milano, 1997, 920.
17 CATENACCI, Mauro – Le misure personali di prevenzione fra ‘critica’ e ‘progetto’: per un recupero dell’originaria
finalità preventiva. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 533, che parla di logica ciecamen-
te punitiva.
18 Come rilevato da PULITANÒ, DOMENICO  MISURE DI PREVENZIONE E PROBLEMA DELLA PREVENZIO
NE. IN: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE, MILANO, 2017, P. 648 S. SIA DETTO PER INCISO
CHE QUEST’ULTIMA DISPOSIZIONE PONE INEVITABILMENTE UN PROBLEMA DI UGUAGLIANZA DI
TRATTAMENTO, POICHÉ LO STATUS DELLAGENTE NON INCIDE SULLE COMPONENTI OGGETTIVE O SOG
GETTIVE DEL REATO COMMESSO, AUMENTANDONE IL DISVALORE. DOVREBBE DUNQUE APPLICARSI IL
MEDESIMO PRINCIPIO DI DIRITTO AFFERMATO DALLA CORTE COSTITUZIONALE NELLA SENTENZA N.
249/2010 CHE CENSURÒ LAGGRAVANTE INTRODOTTA NEL CODICE PENALE ALLART. 61 N. 11 BIS IN QUAN
TO IRRAGIONEVOLMENTE BASATA SULLA MERA CONDIZIONE DI SOGGETTO CHE SI TROVI ILLEGAL
MENTE SUL TERRITORIO NAZIONALE IN CAPO ALLAUTORE DEL REATO, BENCHÉ GIÀ IN DUE OCCASIO
NI SENTENZE NN. 161/2009 E 282/2010 LA QUESTIONE SIA STATA SUPERATA DI SLANCIO IN RELAZIONE
ALLE MISURE DI PREVENZIONE.
19 In questi termini MASERA, Luca – La nozione costituzionale di materia penale. Torino: Giappichelli, 2018, p. 214.
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sivoglia offesa, posto che la loro ratio essendi è la neutralizzazione della probabilità di com-
missione di reati da parte del prevenuto20.
La mancanza di un fatto illecito segna, da un lato, l’elemento differenziale fondamen-
tale rispetto alle sanzioni penali e dall’altro lato, paradossalmente, costituisce al contempo
un grave potenziale vulnus alle garanzie del cittadino, che si trova privato di un riferi-
mento empirico per le proprie difese.
Misure di prevenzione e pene sono contenute in un medesimo genus, quello delle
misure afflittive di controllo sociale, ma solo le pene prevedono un’afflizione funzionale alla
punizione di un fatto21.
3. La Convenzione edu e l’irrilevanza della cd. matière pénale
Anche in materia di prevenzione, da tempo la Costituzione costituisce solo uno dei para-
metri di garanzia per il cittadino, cui si è affiancata la Convenzione europea dei diritti
dell’uomo con la annessa giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Proprio questultima rappresenta un’interlocutrice imprescindibile per l’interprete,
essendo intervenuta ripetutamente con pronunce via via più significative.
Anche dalla giurisprudenza europea è emersa, come già dalle sentenze della Corte cos-
tituzionale, la piena legittimazione delle nostre misure di prevenzione, quali strumenti
necessari per il conseguimento di obiettivi di sicurezza pubblica compatibili con la Con-
venzione22.
Al penalista nostrano sorge spontanea e immediata la domanda se le misure ante delic-
tum appartengano alla matre penale convenzionale e dunque meritino l’applicazione
delle relative garanzie, in primis quelle di cui agli artt. 6 e 7 della Convenzione, e in secundis
quella – davvero à la page negli ultimi tempi – del ne bis in idem (sostanziale) rispetto alle
sanzioni penali strictu sensu23.
20 Sul punto, rilevano come le misure di prevenzione, fondandosi su comportamenti costituenti reato, anche se
non accertati, perseguano una finalità punitiva piuttosto che preventiva, integrando una forma di controllo
sociale repressivo, FIORE, Carlo; FIORE, Stefano – Diritto penale. Torino: UTET, 2016, p. 762; MANTOVANI, Fer-
rando – Diritto penale. Padova: CEDAM, 2017, p. 862.
21 In argomento, fondamentali i recenti contributi di MAZZACUVA, Francesco – Le pene nascoste. Topografia delle
sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico. Torino: Giappichelli, 2017, p. 26 ss. (ora disponibile in www.
discrimen.it, sezione “Libri”), e di MASERA, Luca – La nozione costituzionale di materia penale. Torino: Giappichelli,
2018, p. 212.
22 Come rilevato, dopo la sentenza De Tommaso da PALAZZO, Francesco – Per un ripensamento radicale del siste-
ma di prevenzione ante delictum. In: Criminalia, Pisa, 2017, 141 s.
23 Per quanto attiene invece al ne bis in idem processuale, la Cassazione ha di recente avuto modo di precisare che
il principio è applicabile anche nel procedimento di prevenzione, ma la preclusione del giudicato opera rebus sic
stantibus e, pertanto, non impedisce la rivalutazione della pericolosità ai fini dell’applicazione di una nuova o più
grave misura, se vengono acquisiti ulteriori elementi – non valutati – che comportino un giudizio di maggiore
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Le risposte, a questo proposito, sono molto chiare e in qualche modo conseguenziali
tra loro.
La Corte ha ripetutamente escluso la natura penale delle misure di prevenzione, tanto
personali (sorveglianza speciale) quanto patrimoniali (confisca di prevenzione)24, indivi-
duando poi il parametro convenzionale di riferimento non tanto nell’art. 5, posto a tutela
della libertà personale, quanto nell’art. 2 del IV Protocollo, che presidia la libertà di circo-
lazione25.
Paradigmatico il caso della sorveglianza speciale. Se nel caso Guzzardi vs Italia26, la
misura accompagnata dall’obbligo, oggi non più previsto, di soggiornare in comune diverso
dalla residenza era stata effettivamente giudicata lesiva del diritto di cui all’art. 5 Con-
venzione edu, successivamente la Corte ha ricondotto la stessa misura (sia con divieto di
soggiorno in uno o più comuni sia con obbligo di soggiorno nel comune di residenza) all’art.
2 del Prot. IV Convenzione edu, in quanto tali imposizioni non avrebbero carattere pri-
vativo della libertà personale, ma meramente limitativo della libertà di circolazione e di
movimento27.
gravità della pericolosità stessa e di inadeguatezza delle misure precedentemente adottate, cfr. Cass. 19.4.2016,
dep. 8.6.2016, in Archivio penale web, 2016, p. 1 ss. con nota di S. SEGALINA, Il principio del ne bis in idem nel proce-
dimento di prevenzione.
24 Negano lappartenenza alla materia penale della misura della sorveglianza speciale le già citate C. eur., Guz-
zardi vs Italia, cit., § 108; C. eur., Raimondo vs Italia, cit., § 43; C. eur., De Tommaso vs Italia, cit., § 143, nonché, in
materia di confisca, richiamando le sentenze Raimondo e Guzzardi, C. eur., 28.10.2004, Bocellari e Rizza vs Italia
(dec.), secondo la quale «Dès lors, la procédure y relative ne porte pas sur le ‘bien-fondé’ d’une ‘accusation en matière pénale’
(arrêt Raimondo, précité, p. 20, § 43, et Guzzardi, précité, p. 40, § 108). Les deuxième et troisième paragraphes de l’article 6, qui
garantissent respectivement le principe de la présomption d’innocence et les droits des personnes accusées, ne trouvent donc
pas à s’appliquer en l’espèce». Analogamente, valutando la compatibilità di una misura in tutto e per tutto simile
al nostro d.a.spo. adottata nellordinamento croato (l’analogia strutturale è stata rilevata dagli stessi Giudici), la
Corte ha ritenuto che non costituisse una sanzione penale, per leminente connotazione preventiva che la carat-
terizza, cfr. GALLUCCIO, Alessandra – La Corte EDU esclude la natura penale del DASPO e, conseguentemente,
la violazione del principio ‘ne bis in idem’ in caso di misura disposta per fatti oggetto di una condanna penale.
Disponibile in: www.penalecontemporaneo.it, 13.11.2018. In dottrina, di recente, MANES, Vittorio – Profili e confini
dell’illecito para-penale. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 988 ss. ha sostenuto che
le misure di prevenzione non apparterrebbero al nucleo duro del sistema afflittivo, né a quello semiduro delle
misure punitive non formalmente penali, ma riconducibili alla materia penale convenzionale, bensì al cerchio
delle misure afflittive non punitive, che devono rispettare le garanzie volte a tutelare lo specifico diritto che di
volta in volta venga in considerazione. Sul rapporto tra legalità formale nazionale e nozione sostanziale conven-
zionale si veda anche VIGANÒ, FRANCESCO  IL NULLUM CRIMEN CONTESO: LEGALITÀ ‘COSTITUZIONALE’
VS. LEGALITÀ ‘CONVENZIONALE’?. DISPONIBILE IN: WWW.PENALECONTEMPORANEO.IT, 5.4.2017.
25 La distinzione tra la misura afflittiva che attinge la libertà personale e quella che limita la libertà di circolazione
passa, secondo la sentenza Gillan and Quinton vs U.K., attraverso un’attenta analisi della concreta situazione alla
luce di una serie di criteri, tra cui tipo, durata, effetti e modalità di attuazione della misura fisica, poiché la dif-
ferenza tra restrizione e privazione della libertà non è solo una questione di grado e intensità, né, al contempo,
esclusivamente di natura e sostanza, cfr. C. eur., 15.3.2012, Gillian and Quinton vs U.K., § 56.
26 C. eur., 6.11.1980, Guzzardi vs Italia, in FI 1981, IV, co. 1.
27 Sul punto, VIGANÒ, FRANCESCO. ART. 2 PROT. 4. IN: UBERTIS, GIULIO; VIGANÒ, FRANCESCO A CURA DI.
CORTE DI STRASBURGO E GIUSTIZIA PENALE. TORINO: GIAPPICHELLI, 2016, P. 356. SECONDO DOLSO, GIAN PA
OLO. LE MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI NELLORDINAMENTO COSTITUZIONALE. IN: FIORENTIN,
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Conseguentemente, è da negare l’operatività del principio del bis in idem (sostanziale),
poiché questo presuppone due sanzioni riconducibili alla materia penale secondo i noti
criteri Engel28.
La morale che si può trarre dalla esperienza convenzionale è che l’esclusione delle
misure di prevenzione dall’ambito penalistico non significa però per la Corte edu la rinun-
cia a stringenti garanzie per il cittadino, precisamente:
a) a quelle conseguenti alla natura degli interessi che vengono immediata-
mente incisi dal provvedimento pubblico; si pensi, in questo senso, alla libertà di
circolazione, che ha comunque consentito la censura della sorveglianza speciale
italiana per difetto di legalità/prevedibilità;
b) a quelle imprescindibili per la conformazione ‘secondo lealtà’ dei rapporti
tra cittadino e autorità; dalla certezza del diritto, in primis, al principio di irretroa-
ttività, che opera a prescindere dalla spendibilità della qualifica penale della mi-
sura (si noti che in effetti essa è sempre più garantita persino nel diritto civile29).
La summa di questo approccio, coerente sviluppo della giurisprudenza della Corte edu,
è rappresentata dalla oramai celeberrima sentenza De Tommaso vs Italia30, nella quale la
Corte ha rilevato, in prima battuta, l’insufficiente prevedibilità delle conseguenze della
propria condotta per il soggetto colpito dalla misura di prevenzione personale della sor-
FABIO A CURA DI. MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI E PATRIMONIALI. TORINO: GIAPPICHELLI, 2018, P.
137, LA PIÙ FREQUENTE RICONDUZIONE DELLE MISURE DI PREVENZIONE ALLART. 2 PROT. IV CHE NON
ALLART. 5 CONVENZIONE DIPENDE FORSE DAL FATTO CHE QUEST’ULTIMA NON PREVEDE LA POSSIBILI
TÀ DI APPLICARE RESTRIZIONI IN FUNZIONE DELLA PREVENZIONE DI REATI.
28 Elaborati nella celebre C. eur Plenaria, 8.6.1976, Engel et al. vs Paesi Bassi: si tratta della qualificazione formale
nell’ordinamento di appartenenza, della natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione. Da ultimo, sul
rapporto tra ne bis in idem e perimetro della materia penale, anche alla luce del dialogo tra le Corti, MAZZACUVA,
Francesco – Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e modulazione dello statuto garantistico. Torino: Giappi-
chelli, 2017, p. 287 ss. Si impone però un caveat: il ne bis in idem nell’accezione ‘convenzionale’ è modulato sul ‘fatto
concreto’ e non sulle relazioni logico-strutturali tra fattispecie astratte. Sicché non si può escludere oggi che do-
mani un’ipotesi specifica in cui si verifica la congiunzione di misura di prevenzione e pena possa integrare una
violazione dell’art. 4 del Prot. VII Cedu. Nello stesso senso, MAIELLO, Vincenzo – Profili sostanziali: le misure di
prevenzione personali. In: Giurisprudenza italiana, Milano, 2015, p. 1528.
29 Si veda sul punto BIGNAMI, Marco – La Corte Edu e le leggi retroattive. In: Questione Giustizia, 13.9.2017, anche
per le notazioni in ordine alle diverse accezioni della retroattività che il diritto interno e quello convenzionale
offrono all’interprete; in prospettiva ordinamentale si rimanda ai vari scritti contenuti in: PADULA, Carlo (a
cura di). Le leggi retroattive dei diversi rami dell’ordinamento. Napoli: Editoriale scientifica, 2018, passim e in partico-
lare il contributo di PUGIOTTO, Andrea – Il principio d’irretroattività preso sul serio. In: Quaderni costituzionali,
Bologna, 2017, 2, p. 18 ss., ad avviso del quale il principio d’irretroattività sancito dall’art. 11 delle preleggi rap-
presenterebbe, almeno in origine, una previsione materialmente costituzionale, perché strettamente saldata alle
fondamenta dello Stato di diritto.
30 Definita una pronuncia para-costituzionale da MAIELLO, Vincenzo – De Tommaso c. Italia e la cattiva coscienza
delle misure di prevenzione. In: Diritto penale e processo, Milano, 2017, p. 1042.
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veglianza speciale e, in seconda battuta, la vaghezza e imprecisione relativa al contenuto
delle prescrizioni che si accompagnano all’imposizione della stessa.
Si tratta delle stesse ingiunzioni che non molti anni prima la Consulta (sentenza n.
282/2010) aveva ritenuto fossero sufficientemente determinate, scrutinando il reato che
puniva la violazione della sorveglianza speciale e in particolare delle prescrizioni di cui
all’art. 5 dell’allora l. 1423/1956 (la prescrizione di “vivere onestamente”, “rispettare le
leggi”, nonché quella di “non dare ragioni di sospetti”, secondo la disciplina in quel tempo
vigente).
Anche la Cassazione aveva legittimato in varie occasioni31 tali previsioni, per quanto
debba ammettersi che la stessa Suprema Corte abbia comunque, al contempo, tentato di
contenere la vaghezza della fattispecie penale riferita alla violazione delle prescrizioni
connesse alla misura di prevenzione (oggi prevista all’art. 75 co. 2 d. lgs. 159/2011), soste-
nendo che potesse rilevare solo quella inosservanza che si traducesse in una vanificazione
della misura stessa32.
Il dictum della Corte europea concerne essenzialmente l’indeterminatezza della fat-
tispecie di pericolosità generica, che renderebbe impossibile prevedere con sufficiente
certezza l’ambito di applicazione delle misure in analisi e dunque prevenirne un’interpre-
tazione arbitraria (§§ 117 e 118 della sentenza).
In secondo luogo, è stata censurata la vaghezza di alcune prescrizioni obbligatorie che
corredano la sorveglianza speciale, con particolare riferimento a quelle di vivere ones-
tamente e rispettare le leggi e di non dare ragioni di sospetti (§ 119 della sentenza)33, ma
altresì delle prescrizioni facoltative, che il giudice può imporre discrezionalmente alla
sola condizione che siano necessarie alla difesa sociale (§ 121 della sentenza) ed anche la
prescrizione del divieto assoluto di partecipare a pubbliche riunioni, senza specificazioni
spaziali o temporali, interamente rimessa al libero apprezzamento del giudice (§123 della
sentenza).
31 Si veda Cass. 29.1.2014, dep. 7.3.2014, ord. n. 11217, in CEDCass m. 264477, secondo cui è penalmente sanzionato ai
sensi dell’art. 75 co. 2 qualunque tipo di inosservanza degli obblighi o delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza
speciale con divieto o obbligo di soggiorno.
32 Così Cass. S.U. 29.5.2014, dep. 24.7.2014, n. 32923 in Cassazione penale, 2015, p. 4365, con nota di R. CAPPITELLI.
Limiti applicativi dell’art. 75 D.Lgs. n. 159/2011 nella giurisprudenza delle Sezioni Penali della Suprema Corte. Secondo la
sentenza «In tema di misure di prevenzione, la condotta del soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione
della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, che ometta di portare con sé e di esibire, agli agenti che ne
facciano richiesta, la carta di permanenza di cui all’art. 5, ultimo comma, della legge n. 1423 del 1956 (attualmente
art. 8 D.Lgs. n. 159 del 2011), integra la contravvenzione prevista dall’art. 650 cod. pen. – e non il delitto di cui
all’art. 9, comma secondo, della legge n. 1423 del 1956 (attualmente art. 75, comma secondo, D.Lgs. n. 159 del 2011
– perché costituisce inosservanza di un provvedimento della competente autorità per ragioni di sicurezza e di
ordine pubblico, preordinato soltanto a rendere più agevole l’operato delle forze di polizia».
33 Le prescrizioni sono ora presenti all’art. 8 co. 4 d. lgs. 159/2011, ad eccezione della parte relativa al ‘dare ragioni
di sospetto’.
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Tirando le fila del discorso, la lettura della giurisprudenza della Corte di Strasburgo,
confermata anche nel recente caso De Tommaso, dimostra che le ‘garanzie Cedu’ possono
essere assai incisive e traumatiche per il nostro sistema della prevenzione, anche senza
scomodare la matière pénale.
Dall’analisi combinata del tipo di bene inciso dalla coazione pubblica e del rapporto
tra precetto e destinatario emerge per le misure in analisi uno statuto convenzionale flou,
variabile a seconda del diritto soggettivo del cittadino che venga in rilievo, ma certo più
efficace di una tutela monolitica dipendente della semplice qualificazione formale dello
strumento afflittivo34.
4. La situazione attuale del sistema delle misure di prevenzione
La sentenza della Corte edu nel caso De Tommaso ha gravemente scosso, sin dalle fonda-
menta, il sistema italiano della prevenzione, sicché, come era prevedibile, si continuano
a registrare movimenti di assestamento nella giurisprudenza, tanto di merito quanto di
legittimità, e che giungono fino alla Corte costituzionale.
Sia la Cassazione che le Corti territoriali hanno assunto atteggiamenti diversificati di
fronte al dictum della Corte edu, ora di resistenza ora di adeguamento, quest’ultimo secondo
due percorsi alternativi: il primo mediato da una questione di legittimità costituzionale,
il secondo immediato, caratterizzato cioè dall’impiego della interpretazione convenzional-
mente conforme da parte del giudice comune (esemplare in questo senso la sentenza delle
Sezioni Unite del 2017 (cd. sentenza Pater)35.
La forte sollecitazione del sistema delle misure di prevenzione italiane da parte della
Corte edu ha dunque ingenerato reazioni giurisprudenziali variegate, alcune anomale ris-
34 Di recente, sulle geometrie variabili delle tutele penalistiche, in funzione della ratio di garanzia che le anima e
sulla base della constatazione che molte di esse sono principi che attengono, in generale, alla legittimazione e
giustificazione delle scelte punitive, MAZZACUVA, Francesco – Le pene nascoste. Topografia delle sanzioni punitive e
modulazione dello statuto garantistico. Torino: Giappichelli, 2017, pp. 55 ss., 253 ss., 264 ss. Un ragionamento in parte
anticipato dalla Corte costituzionale (si vedano C. cost, 9.6.88, ord. 721; C. cost, 30.9.96 n. 335), che ha constatato
come la giurisdizione preventiva sia quanto meno da ritenersi limitativa di diritti, il che impone di applicare le
tutele tipiche del sistema sanzionatorio, idonee a contenere misure che delimitano il godimento di diritti della
persona costituzionalmente garantiti o ad incidere pesantemente e in via definitiva sulla proprietà (si veda
anche C. cost., 8.3.2010 n. 93).
35 Cass. S.U. 27.4.2017, dep. 5.9.2017, n. 40076, in www.penalecontemporaneo.it, 13.9.2017, con nota di F. VIGANÒ  LE SE
ZIONI UNITE RIDISEGNANO I CONFINI DEL DELITTO DI VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI INERENTI ALLA MISURA
DI PREVENZIONE ALLA LUCE DELLA SENTENZA DE TOMMASO: UN RIMARCHEVOLE ESEMPIO DI INTERPRETAZIONE
CONFORME ALLA CEDU DI UNA FATTISPECIE DI REATO. CI SIA CONSENTITO RINVIARE QUI AL NOSTRO LE
MISURE DI PREVENZIONE TRA COSTITUZIONE E CONVENZIONE. IN: LEGISLAZIONE PENALE, 19.3.2019, PER
UNA COMPIUTA CONSIDERAZIONE DELLE PRESE DI POSIZIONE DA PARTE DELLA CASSAZIONE E DEI
GIUDICI DI MERITO.
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La sanzione senza precetto. Verso un congedo delle misure di prevenzione dalla materia penale?
FEDERICO CONSULICH
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petto alle regole di sistema attinenti agli equilibri tra poteri, altre ottative, se non vellei-
tarie. Si tratta, come evidente, di scenari che non possono nemmeno essere lambiti dalla
presente analisi; basti qui rilevare che, infine, in esito agli incidenti di costituzionalità
proposti, la Consulta ha potuto esprimersi con le decisioni nn. 24 e 25 del 2019, che hanno
dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme scrutinate36.
Si tratta, più precisamente, dell’art. 1 l. n. 1423/1956 (poi confluito nell’art. 1 lett. a d. lgs.
n. 159/2011), dell’art. 19 l. n. 152/1975, degli artt. 4, co. 1, lett. c, e 16 d. lgs. 159/2011, per quanto
riguarda la sentenza n. 24: troppo impreciso il riferimento all’applicazione delle misure
alle persone «abitualmente dedite a traffici delittuosi.37.
Per quanto riguarda, invece, la sentenza n. 25, essa ha caducato l’art. 75 co. 1 e co. 2
d. lgs. n. 159/2011, nella parte in cui puniscono (rispettivamente, come contravvenzione
e delitto) la violazione degli obblighi e delle prescrizioni inerenti alla misura della sor-
veglianza speciale, ove consistente nell’inosservanza delle prescrizioni di “vivere onesta-
mente” e di “rispettare le leggi”.
Per inciso è da notare come la Corte abbia chiarito che nonostante l’intervento delle
Sezioni Unite della Cassazione (la precitata sentenza Paternò), il completamento del pro-
cesso di adeguamento del nostro ordinamento al diritto convenzionale passi dallo sciogli-
mento della questione di costituzionalità da parte della Consulta, che, diversamente dalla
Corte edu, è in grado di svolgere una valutazione sistemica degli interessi coinvolti (cfr. §§
12 e ss. del considerato in diritto della sentenza n. 25/2019).
Volendo identificare la cifra delle due decisioni ‘gemelle’ del 2019, anche se la n. 24
assume la maggiore rilevanza occupandosi più da vicino dei presupposti operativi delle
misure di prevenzione, è possibile constatare la penetrazione sempre più profonda del
principio di prevedibilità della base legale dei provvedimenti che incidano sui diritti dei
cittadini. In questo quadro ben può avere un ruolo la giurisprudenza, ma solo come ausilio
utile a comprendere esattamente i tratti della disciplina e in tanto in quanto ciò contri-
buisca ad incrementare il tasso complessivo di accessibilità della normativa38.
36 Per un primo commento si veda FINOCCHIARO, Stefano – Due pronunce della Corte costituzionale in tema di
principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza De Tommaso della Corte edu. Disponibile
in: www.penalecontemporaneo.it, 4.3.2019.
37 Si ricordi che l’illegittimità dell’art. 1 l. 1423/1956 (poi art. 1, lett. a d. lgs. 159/2011) è stata dichiarata nella parte in
cui consente l’applicazione della misura della sorveglianza speciale ai soggetti ivi indicati.
38 Che sia questo l’elemento di novità delle due sentenze è colto già da CERFEDA, Marco – La prevedibilità ai
confini della materia penale: la sentenza n. 24/2919 della Corte costituzionale e la sorte delle “misure di polizia.
Archivio penale, Pisa, 2019, 2, p. 4. Sul punto si vedano anche le notazioni di DE LIA, Andrea – Misure di preven-
zione e pericolosità generica: mote e trasfigurazione di un microsistema. Brevi note a margine della sentenza
della Corte costituzionale n. 24/2019. In: Legislazione penale, 15.7.2019, p. 8. Sul principio di prevedibilità, si veda
VIGANÒ, FRANCESCO  IL PRINCIPIO DI PREVEDIBILITÀ DELLA DECISIONEGIUDIZIALE IN MATERIA
PENALE. DISPONIBILE IN: WWW.PENALECONTEMPORANEO.IT, 19.12.2016.
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5. Quali garanzie per la prevenzione?
Alla luce di quanto fin qui detto, è possibile affermare che le misure in analisi abbiano cer-
tamente un contenuto aittivo, in modo via via crescente passando dall’ammonizione alla
sorveglianza speciale; il momento finalistico, orientato alla prevenzione più che alla puni-
zione, unito all’assenza di un illecito presupposto nella struttura di questi istituti, le riconduce
però fuori dalla materia penale convenzionale39.
Occorre ora identificare quali principi costituzionali interni valgano per il diritto della
prevenzione.
Impiegare tale nozione può avere una portata euristica e non solo classificatoria, allor-
ché consenta di comprendere come si tratti di una disciplina in sé conchiusa, in cui le
garanzie non possono essere pedissequamente importate dal sistema penale, ma devono
venire autonomamente forgiate a partire dai diritti che vengono incisi dalla applicazione
delle misure ante delictum.
La Costituzione certo tace su queste ultime. Si tratta di un silenzio su cui molto si
potrebbe argomentare, sia nel senso che il Costituente abbia espresso per fatti conclu-
denti la volontà di bandirle dall’ordinamento repubblicano40, sia, in direzione opposta, per
sostenere che esista una sorta di statuto costituzionale implicito di siffatti strumenti di
controllo sociale, derivabile per analogia iuris dalle garanzie valide per il diritto penale in
senso stretto41.
Ancora oggi la prima opinione è autorevolmente sostenuta, al punto che, per alcuni
Autori, quello della prevenzione italiana è un modello costituito da «norme totalmente
incompatibili con il quadro dei principi fondamentali»42.
È certamente di un’opzione lineare e coerente, per vero confortata anche dall’esperienza
comparata, che dimostra (come notato dalla stessa Corte edu nella sentenza De Tommaso)
che nella maggioranza degli ordinamenti europei non è prevista una disciplina assimila-
bile alla nostra, il che contribuisce a suggerirne il superamento.
39 Peraltro – anche alla luce della pluralità di indici che emergono in sede convenzionale (principalmente dalla
sintesi tra le sentenze Öztürk e Welch) accanto a quello della finalità della misura, ovvero largomento compa-
ratistico, il collegamento con un procedimento penale, l’applicabilità a tutti cittadini della disciplina – varrebbe
la medesima conclusione. Si vedano su questi parametri accessori al criterio teleologico C. eur GC, 21.2.1984,
Öztürk vs Germany, C. eur, 9.2.1995, Welch vs U.K. In dottrina, ritiene invece che si tratti di sanzioni criminali di
genere anomalo FIANDACA, Giovanni – Misure di prevenzione (profili sostanziali). In: Digesto discipline penali-
stiche, VIII, Torino, 1994, p. 116.
40 In questo senso la nota posizione di ELIA, Leopoldo – Libertà personale e misure di prevenzione. Milano: Giuffré,
1962, p. 23 ss.
41 AMATO, Giuliano – Commento allart. 13, Bologna-Roma: Zanichelli-Il foro italiano, 1977, p. 49, individua la coper-
tura costituzionale delle misure di prevenzione nell’art. 25.
42 Così BALBI, Giuliano – Le misure di prevenzione personali. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano,
2017, p. 524, che rileva, dunque, che la giurisdizionalizzazione delle misure sia sostanzialmente un involucro
vuoto.
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La conclusione però potrebbe, a nostro parere, essere affrettata.
Il fatto possiede a volte una forza tale che il diritto non può che adeguarsi. La domanda
sulla costituzionalizzazione implicita delle misure di prevenzione è divenuta oziosa, a
seguito del costante impiego di tali strumenti da parte del legislatore dal dopoguerra ad
oggi, nonché del riconoscimento da parte della Corte edu della ammissibilità di simili
misure nel quadro del legittimo obiettivo di prevenire reati43.
Di fronte all’interprete si stagliano oggi plurime disposizioni di legge che nell’epoca
repubblicana hanno certificato la piena cittadinanza di siffatti strumenti nel nostro ordi-
namento, il che dovrebbe indurre forse ad un’interpretazione evolutiva del testo costitu-
zionale, per comprendere quali norme di esso possano definire i confini di garanzia delle
misure ante delictum.
A conforto di questa tesi, la stessa Consulta, pur avendo rimosso nel corso del tempo
le componenti più retrive della disciplina delle misure di prevenzione, ne ha contempora-
neamente suggellato la compatibilità con la Carta fondamentale44.
In particolare, deve segnalarsi che, a seguito della riforma costituzionale del 2001, la
menzione dell’ordine pubblico tra le materie di esclusiva spettanza dello Stato all’art. 117
co. 2 lett. b ha indotto la Consulta a evidenziare la stretta connessione tra prevenzione dei
reati e tutela dell’ordinata e civile convivenza, rendendo la prima una funzione costituzio-
nalmente rilevante45.
È, dunque, conseguenziale la legittimazione delle previsioni legislative che si
propongano la soddisfazione di tale interesse, all’interno peraltro di un preciso vincolo
modale, perché la Corte ha chiarito, ulteriormente, che le misure in analisi possono
perseguire l’obiettivo di prevenzione dei reati, ma naturalmente in modo proporzionato,
limitando cioè la compressione di controinteressi costituzionalmente rilevanti alle sole
ipotesi davvero indispensabili al raggiungimento dello scopo46.
43 C. eur., 22.2.1994, Raimondo vs Italia, in CP 1994, 2252; C. eur., 5.1.2000, Bongiorno vs. Italia; con riferimento ad ordina-
menti di altri Stati cfr. C. eur., 14.9.2000, Sanoma Uitgevers B.V. vs Paesi Bassi.
44 Segnala come la Corte costituzionale non abbia mai messo in dubbio la compatibilità con la Costituzione di sif-
fatte misure anche BALBI, Giuliano – Le misure di prevenzione personali. In: Rivista italiana di diritto e procedura
penale, Milano, 2017, p. 511.
45 Si veda, per prima, C. cost., 4.5.2009 n. 129 e, da ultima, C. cost., 23.2.2016 n. 63; in dottrina BONETTI, Paolo – Or-
dine pubblico, sicurezza, polizia locale e immigrazione nel nuovo art. 117 della Costituzione. Le Regioni, Bologna,
2002, p. 483 ss.
46 Si veda C. cost., 1.10.2003 n. 309, in Giurisprudenza costituzionale, 2003, 3960 ss., con nota di B. VALENSISE, La
misura di prevenzione dell’obbligo di soggiorno in un determinato comune e il diritto a professare il proprio culto: un’armonia
impossibile?
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Accantonato il profilo pregiudiziale della incostituzionalità tout court del sistema della
prevenzione, occorre comprendere quali siano le garanzie di riferimento in questa materia
e come debbano essere calibrate.
5.1. La determinatezza del presupposto applicativo
Una delle tutele che non cessano di valere nel momento in cui si fuoriesce dal perimetro
del diritto penale è certamente la determinatezza, nella duplice declinazione della pretesa
di precisione della disposizione legale e della suscettibilità di verifica empirica del fatto
tipizzato47.
Si tratta di un’affermazione condivisa non solo dalla Corte edu, ma anche dalla nostra
Corte di Cassazione e, altresì, dalla Corte costituzionale48.
Peraltro, già da tempo la giurisprudenza di legittimità si è mossa nel senso di fornire
una lettura c.d. ‘tassativizzante’ della pericolosità generica e di quella qualificata di tipo
mafioso, ‘agganciando’ tali qualifiche alla previa attività delinquenziale compiuta dal pro-
posto49 e comunque sempre a fatti storicamente apprezzabili indicativi della propensione
di quest’ultimo a commettere reati 50.
Nella medesima direzione si può leggere la valorizzazione del nesso tra procedimento
di prevenzione ed esiti del giudizio penale, quando questo abbia avuto ad oggetto gli stessi
fatti considerati come significativi di una pericolosità del prevenuto, in applicazione di un
principio reso manifesto, con riferimento alla confisca, dall’art. 28 d. lgs. 159/201151.
Incidentalmente si deve rilevare che siffatta rimodulazione delle disposizioni in
parola si traduce in un allineamento tra la disciplina delle misure di prevenzione e quella
47 Si tratta, notoriamente, di garanzie che possono anche essere sviluppate come due differenti declinazioni della
legalità, da una parte il principio di precisione, dallaltra parte quello di determinatezza, accanto alle quali si pone
poi la tassatività, intesa come divieto di analogia. Paradigmaticamente MARINUCCI, Giorgio; DOLCINI, Emilio;
GATTA, Gian Luigi – Manuale di diritto penale. Milano: Giuffré, 2018, p. 69 ss. Sulla polisemia del termine nella dot-
trina penalistica si veda, di recente, NISCO, Attilio – Principio di determinatezza e interpretazione in diritto penale:
considerazioni teoriche e spunti comparatistici. Archivio penale web, 2017, 4, p. 4.
48 Cass. 19.4.2018, dep. 3.10.2018, n. 43826, cit., § 2.2 del considerato in diritto.
49 Per una panoramica di questa giurisprudenza, BASILE, Fabio – Tassatività delle norme ricognitive della peri-
colosità nelle misure di prevenzione: Strasburgo chiama, Roma risponde. Disponibile in: www.penalecontempo-
raneo.it, 20.7.2018, 6 ss., che ritiene che tale interpretazione sia probabilmente in grado di sottrarre la disciplina
delle misure di prevenzione, quanto meno con riferimento a questo aspetto, a possibili censure di legittimità
costituzionali, anche se naturalmente non è in grado di eliminare tutti i vizi della normativa in analisi.
50 Cass. 11.2.2014, dep. 5.6.2014, n. 23641, in CEDCass m. 260104. Con riferimento alla giurisprudenza costituzionale
non si può non citare la sentenza n. 24/2019 che ha ritenuto imprecisa la previsione di cui all’art. 1 n. 1 della l.
1423/1956 poi confluita nell’art. 1, lett. a d. lgs. 159/2011.
51 In questo senso, pur se riferite alla confisca, ma comunque rilevanti in quanto attinenti al presupposto della
pericolosità del prevenuto, rilevano Cass. 3.6.2015, dep. 8.9.2015, n. 36301, in CEDCass m. 264568, nonché Cass.
24.3.2015, dep. 17.7.2015, n. 31209, in CEDCass m. 264319; più di recente Cass. 19.1.2018, dep. 15.3.2018, n. 11846, in
CEDCass m. 272496.
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delle misure di sicurezza. Benché solo le seconde impongano la commissione di un illecito
penale, non è negabile l’identità funzionale tra le due misure, entrambe volte alla preven-
zione di futuri reati52.
Il parallelismo è colto già nella sentenza n. 177/1980 della nostra Corte costituzionale,
che aveva sostenuto che le misure condividessero la medesima finalità e fossero da inten-
dere come due species di un medesimo genus, il che sottoponeva entrambe al necessario
rispetto del principio di tipicità e determinatezza53. Sviluppando l’impostazione, la Con-
sulta ha espressamente affermato l’applicabilità alle misure di prevenzione dell’art. 25 co.
3 Cost., riferito esplicitamente alle sole misure di sicurezza54.
La categoria della pericolosità generica ha subìto dunque nel tempo una sorta di ‘tipi-
zzazione di secondo livello’, operante in particolare nel c.d. diritto vivente, che ha via via
preteso che l’inquadramento del proposto nella fattispecie di prevenzione si fondi su dati
di fatto identificabili e controllabili55.
52 Sul punto si vedano le riflessioni di NUVOLONE, Pietro – Misure di prevenzione e misure di sicurezza (voce).
In: Enciclopedia del diritto, XXVI, Milano, 1976, p. 632 ss., che inquadrava le misure di prevenzione nel sistema
penale sulla base di una considerazione teleologica, tendendo esse a impedire la commissione del primo delitto
o la recidiva; accomuna i fondamenti delle due misure anche GALLO, E. – Misure di prevenzione (voce). In:
Enciclopedia giuridica Treccani, XX, Roma 1990, p. 1.
53 Sulla importanza della sentenza per l’innalzamento del tasso di garanzia del processo di prevenzione MAUGERI,
Anna Maria – Dall’actio in rem alla responsabilità da reato delle persone giuridiche: un’unica strategia politico
criminale contro l’infiltrazione criminale nell’economia?. In: FIANDACA, Giovanni; VISCONTI, Costantino (a
cura di). Scenari di mafia, Torino: Giappichelli, 2010, p. 272 ss. La pronuncia del 1980 della Consulta non è stata
certo di poco conto, poiché essa ha rappresentato il riferimento cui il legislatore del 1988, con la l. n. 327, ha
guardato per ridisegnare le categorie dei possibili destinatari delle misure di prevenzione in chiave orientata al
fatto e ad elementi empiricamente suscettibili di verifica da parte del giudice. Più di recente la Corte costituzio-
nale (C. cost., 9.2.94 n. 321) ha sottolineato la non omogeneità tra il processo penale (e, all’interno di questo, del
procedimento per l’applicazione delle misure di sicurezza) e quello di prevenzione, in quanto ognuno dotato di
proprie peculiarità.
54 La sentenza della Corte costituzionale n. 419/1994 afferma che questa comune sottoposizione all’art. 25 co. 3
derivi dalla medesimezza del fine (la prevenzione dei reati). Si legge in particolare al § 4.1. del considerato in
diritto: «Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la legittimità costituzionale delle misure di pre-
venzione – in quanto limitative, a diversi gradi, della libertà personale – è necessariamente subordinata, in-
nanzitutto, all’osservanza del principio di legalità, individuato nell’art. 13, secondo comma, della Costituzione,
nonché nell’art. 25, terzo comma, della Carta medesima, nel quale, pur se riferito espressamente alle “misure
di sicurezza”, è stata solitamente rinvenuta la conferma di tale principio anche per la categoria delle misure di
prevenzione, data l’identità del fine (prevenzione dei reati) perseguito da entrambe (ritenute due species di un
unico genus), aventi a presupposto la pericolosità sociale dell’individuo».
55 Riconosce come negli ultimi anni la giurisprudenza stia adottando un approccio ermeneutico volto a prevenire
un’applicazione arbitraria delle misure BALBI, Giuliano. Le misure di prevenzione personali. Rivista italiana di
diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 523. Al diritto vivente fa espressamente riferimento Cass. 15.6.2017, dep.
21.9.2017, n. 43446, in CEDCass m. 271220, in particolare al § 5.3 del considerato in diritto. Tale concetto è assai
sfuggente, per definizione se ne discute in assenza di una legge, o quanto meno di una previsione normativa
precisa e determinata; ne ha parlato per la prima volta la Corte costituzionale nella sentenza n. 276/1974, che lo
intese infatti come il sistema giurisprudenziale formatosi in difetto di una espressa disposizione e, di fatto, solo
in presenza di un orientamento consolidato nelle pronunce di legittimità. Sul punto SALVATO, Luigi – Profili del
“diritto vivente” nella giurisprudenza di legittimità. Disponibile in: www.cortecostituzionale.it, 2.2015, che ricorda
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La Corte costituzionale, fin dalla appena citata sentenza n. 177/1980, ha legato stre-
ttamente tassatività e determinatezza, intesa come verificabilità empirica o aderenza a
vincoli di realtà; in quest’ultima sentenza, in particolare (§ 6 del considerato in diritto), la
Consulta ha imposto di distinguere tra fattispecie astratta, descrittiva di tipi di condotte o
altri elementi di fatto significativi, e successivo giudizio di pericolosità in concreto del pro-
posto, onde evitare che il giudice definisca di volta in volta, avvalendosi di una discrezio-
nalità senza limiti, i presupposti della misura. Conseguenziale la necessità che nella fat-
tispecie normativa debbano comparire sintomi dotati di chiara natura fattuale, in grado
di esprimere una situazione di reale pericolo per l’ordinamento e per la sicurezza pubblica56,
descrivendo sempre comportamenti obiettivamente identificabili57 ben lontani dalla consis-
tenza del sospetto58.
Se è vero che la Cassazione ha progressivamente tipizzato la base della prognosi di
pericolo, come abbiamo visto, non risulta prudente affidarsi, in un sistema di civil law,
(11) come la Corte costituzionale abbia sempre attribuito a sé il potere-dovere di accertarne la ricorrenza negli
indirizzi della Corte di Cassazione, in particolare con la sentenza n. 210/1992.
56 Si veda C. cost., 7.5.1975 n. 113, § 2 del considerato in diritto, che ha affermato, richiamando la propria precedente
giurisprudenza: «Per vero questa Corte ha già riconosciuto, in numerose decisioni, la piena compatibilità delle
misure in esame con i principi stabiliti dagli artt. 3 e 13 della Costituzione (sent. numeri 23 e 68 del 1964 e n. 32
del 1969) ed ha precisato che lautorità di p.s. non può agire a proprio arbitrio sulla base di semplici sospetti,
poiché è richiesta dalla legge unoggettiva valutazione di fatti, da cui risulti la condotta abituale e il tenore di vita
della persona, che siano manifestazione concreta della sua proclività al delitto e siano state accertate in modo
da escludere valutazioni puramente soggettive ed incontrollabili (sent. n. 23 del 1964)». In precedenza, si veda
anche C. cost., 20.4.1959 n. 27.
57 Così C. cost., 4.3.1964 n. 23, § 3 del considerato in diritto, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1965, 106 con
nota di R.G. DE FRANCO, Riserva di legge e “determinatezza” delle previsioni di pericolosità sociale ex l. n. 1423 del 1956. Si
noti che NUVOLONE, Pietro. Misure di prevenzione e misure di sicurezza (voce). In Enciclopedia del diritto, XXVI,
Milano, 1976, p. 633 aveva avuto modo di manifestare tutti i propri dubbi sulla possibilità di determinare tassa-
tivamente i presupposti di queste misure da parte della fonte legislativa, essendo riferite a situazioni alquanto
fluide e sintomatiche. Dubbi sulla vaghezza delle fattispecie di prevenzione sono espressi anche da MANGIO-
NE, Angelo – Le misure di prevenzione. In: CADOPPI, Alberto; CANESTRARI, Stefano; MANNA, Adelmo; PAPA,
Michele (a cura di). Trattato di diritto penale. Parte generale, III. Torino: UTET, 2014, p. 433.
58 Davvero utili da questo punto di vista la giurisprudenza della Corte edu che, quando ha verificato che la misura
di prevenzione fosse stata disposta sulla base di meri sospetti o irragionevoli presunzioni, ha sancito la violazio-
ne dell’art. 2 Prot. IV Convenzione edu, cfr. la pronuncia Labita vs Italia, 6.4.2000, § 196 ss., riferita ad un’ipotesi in
cui la misura della sorveglianza speciale era stata applicata alla luce di un legame di parentela tra la moglie del
ricorrente ed un appartenente ad una associazione mafiosa. In tema di confisca di prevenzione, C. eur., 17.6.2014,
Cacucci e Sabatelli vs Italia, § 44, che ha stabilito che le misure non conseguono a semplici sospetti, bensì a fatti in
senso stretto. Per una serie di critiche in questo senso si vedano, tra i molti e solo di recente, CERESA-GASTAL-
DO, Massimo – Misure di prevenzione e pericolosità sociale: l’incolmabile deficit di legalità della giurisdizione
senza fatto. Disponibile in: www.penalecontemporaneo.it, 3.12.2015; MAIELLO, Vincenzo – La prevenzione ante de-
lictum: lineamenti generali. In: PALAZZO Francesco; PALIERO, Carlo Enrico (diretto da). Trattato teorico pratico di
diritto penale, XII. Torino: Giappichelli, 2015, p. 325; CATENACCI, Mauro – Le misure personali di prevenzione fra
‘critica’ e ‘progetto’: per un recupero dell’originaria finalità preventiva. Rivista italiana di diritto e procedura penale,
Milano, 2017, p. 528. Si noti che nell’ambito della sentenza De Tommaso si può leggere l’opinione dissenziente del
giudice Pinto de Albuquerque, secondo il quale le misure di prevenzione italiane integrerebbero delle ‘pene di
seconda classe’ fondate sul sospetto (§ 4 della dissenting opinion).
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esclusivamente alla concretizzazione giurisprudenziale in simili contesti, proprio per la
natura intrinsecamente instabile dello strumento ermeneutico se non supportato da una
previsione legislativa rigida59. Inoltre, l’implementazione della sola prevedibilità del giu-
dizio può essere assai dannosa per le altre componenti della legalità, come abbiamo g
avuto modo di apprezzare in altra sede60.
5.2. La tutela giurisdizionale
Una seconda garanzia, anche se dal punto di vista cronologico è stato il primo nucleo di
tutela riconosciuto dalla Corte costituzionale in tema di prevenzione, è tutta processuale,
riferibile al principio dell’habeas corpus, che impone un controllo giurisdizionale rispetto
ad ogni limitazione della libertà personale del cittadino. In questo senso, fin dalle prime
sentenze è stato elaborato dalla Consulta un importante standard di giudizio, secondo cui
la garanzia di cui all’art. 13 Cost. deve valere per qualsiasi misura pubblica che veicoli in
capo al destinatario una degradazione giuridica assimilabile alla privazione della liber
personale.
Laffermazione si rinviene agli albori della giurisprudenza della Corte, precisamente
nella sentenza n. 11/1956 in tema di ammonizione, ma anche nella pronuncia n. 68/1964
con la quale la Consulta è tornata sull’argomento: ogni provvedimento pubblico, che pro-
vochi una diminuzione della dignità o del prestigio della persona o che comunque sia
suscettibile di determinarne una condizione equiparabile all’assoggettamento all’altrui
potere, è potenzialmente lesivo dell’habeas corpus e dunque reclama le relative garanzie61.
Per la verità, la sentenza del 1964 ha fornito della nozione di degradazione giuridica neces-
saria ad attivare le garanzie costituzionali una lettura più restrittiva di quanto si potesse
pensare dopo la pronuncia del 1956, intendendo come assimilabili ad una limitazione della
libertà personale solo quelle più intense forme di degradazione sociale e individuale del
destinatario, alla luce di una valutazione di tipo evidentemente quantitativo62.
59 Per MAGI, Raffaello – Sul recupero di tassatività nelle misure di prevenzione personali. Tecniche sostenibili di
accertamento della pericolosità. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2017, p. 501, sul terreno dei presup-
posti e dell’accertamento della pericolosità si sarebbe giunti per via interpretativa ad un modello di giurisdizio-
ne piena, poggiante su una tassatività via via sempre più accresciuta in concreto. Nello stesso senso, BASILE,
Fabio – Quale futuro per le misure di prevenzione dopo le sentenze De Tommaso e Paternò?. In: Giurisprudenza
italiana, 2018, p. 460 s.
60 CONSULICH, Federico – Lo statuto penale delle scriminanti, Torino: Giappichelli, 2018, p. 466 ss.
61 Si veda in particolare C. cost., 19.6.1956 n. 11 in tema di ammonizione, che ha dichiarato l’illegittimità costituzio-
nale delle disposizioni contenute negli articoli dal 164 al 176 del T.U.L.P.S.
62 La notazione è di DOLSO, Gian Paolo – Le misure di prevenzione personali nell’ordinamento costituzionale.
In: FIORENTIN, Fabio (a cura di). Misure di prevenzione personali e patrimoniali. Torino: Giappichelli, 2018, p. 69.
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La sanzione senza precetto. Verso un congedo delle misure di prevenzione dalla materia penale?
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5.3. L’inestensibilità delle altre garanzie penalistiche all’universo della
prevenzione
Diversamente da quel che accade per la determinatezza, capace di spingersi oltre il confine
della materia penale (naturalmente con i dovuti adattamenti), siffatte garanzie patiscono
invece una netta riduzione operativa, se non una vera e propria neutralizzazione, allor-
quando si confrontino con il diritto della prevenzione.
Le ragioni possono essere molteplici. Sono garanzie più evolute e raffinate della sem-
plice determinatezza e precisione del testo normativo, richiedendo un’implementazione
di sistema’ e non riferita alla singola disposizione. Peraltro, sono esclusivamente orien-
tate a favore del privato, mentre la determinatezza ha invece un doppio volto, poiché certo
giova al destinatario del comando, ma anche (nella accezione più corretta di tassatività) al
potere politico che pretenda di farsi obbedire prontamente e miri a vincolare il giudice alla
volontà della maggioranza parlamentare del momento manifestata nella legge63. Tra i
corollari della legalità, la determinatezza è insomma il più compatibile con gli scopi di
controllo sociale o, quanto meno, il vincolo che l’Autorità è più disposta ad accettare.
Irretroattività, colpevolezza e rieducazione, infatti, esprimono un rapporto tra indivi-
duo e pubblici poteri impostato in chiave liberale e democratica, improntato alla lealtà del
rimprovero normativo e all’autodeterminazione del cittadino. Tutte pongono al centro il
destinatario della coercizione statale e la possibilità di quest’ultimo di comprendere il con-
tenuto dei precetti a lui rivolti dall’ordinamento ed orientarsi sulla base di essi, ponendo,
se necessario, in secondo piano le pretese di ordine e sicurezza avanzate dall’autorità e dai
consociati. Quella del diritto della prevenzione è, invece, una prospettiva evidentemente
antitetica, che accorda preminenza alle esigenze pubbliche rispetto alle prerogative del
singolo: di qui il sostanziale rigetto, almeno al momento, dei principi diversi dalla deter-
minatezza.
Si noti che anche nelle proposte di riforma della disciplina, volte ad orientarla in
senso maggiormente coerente con la Costituzione e la Convenzione edu, la colpevolezza
è assente tra i criteri direttivi; sono piuttosto la ragionevolezza e la proporzione a farla da
padrone64, criteri dunque puramente oggettivi e normativi, rilevanti più per l’attività ese-
getica dell’applicatore piuttosto che per le libere scelte d’azione del destinatario.
63 Il punto è colto nitidamente in PALAZZO, Francesco – Il principio di determinatezza nel diritto penale. Padova: CE-
DAM, 1979, p. 132 s. Rileva come vadano tenuti distinti i due volti dello stesso principio, uno rivolto al giudice, la
tassatività, uno al legislatore, la determinatezza, NISCO, Attilio – Principio di determinatezza e interpretazione in
diritto penale: considerazioni teoriche e spunti comparatistici. In: Archivio penale web, 2017, 4, p. 19 ss.
64 Si vedano le recenti riflessioni di CATENACCI, Mauro – Le misure personali di prevenzione fra ‘critica’ e ‘pro-
getto’: per un recupero dell’originaria finalità preventiva. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano,
2017, p. 526 ss. e di MAZZACUVA, Francesco – La prevenzione sostenibile. Cassazione penale, Milano, 2018, p. 1029.
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Non deve allora stupire che la giurisprudenza affermi che il divieto di retroattività
sfavorevole non valga per le misure in analisi e che ancora di recente la Cassazione abbia
rilevato, sia pure in materia di confisca, che il principio regolativo della successione di
leggi sia il tempus regit actum65.
È però soprattutto l’universo valoriale dell’art. 27 Cost. a rimanere estraneo alla
disciplina delle misure di prevenzione.
Lesclusione della colpevolezza e della rieducazione da tale sottosistema trova fonda-
mento anche nel contenuto delle fattispecie di cui agli artt. 1 e 4 d. lgs. 159/2011. Mentre la
prima è sempre riferita ad un fatto commesso dal reo e la seconda trova il proprio riferimento
in una condotta espressiva di un antagonismo rispetto ai valori dell’ordinamento, le misure
in analisi difettano, come abbiamo visto, di un comportamento illecito compiuto dal pro-
posto e si caratterizzano per una finalità esclusivamente preventiva, in nessun modo con-
taminata dalla prospettiva risocializzativa66.
La qualifica di pericolosità, generica o qualificata che sia, veicola insomma una prog-
nosi criminale del giudice sul profilo delinquenziale del prevenuto e non certo una diag-
nosi rispetto alla responsabilità per un reato già commesso; peraltro, può rilevarsi come
in questo ambito si prescinda totalmente dalla sfera soggettiva dell’agente, intesa come
rimproverabilità e propensione personale oppositiva rispetto ai valori della collettività: la
65 Cass. S.U. 26.6.2014, dep. 2.2.2015 n. 4880, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2015, p. 922, con nota di
A.M. MAUGERI – Una parola definitiva sulla natura della confisca di prevenzione? Dalle Sezioni Unite Spinelli alla sen-
tenza Gogitidze della Corte Edu sul civil forfeiture. Secondo la Corte, in particolare (§ 8.2 del considerato in diritto),
«le modifiche introdotte nell’art. 2 bis della legge n. 575 del 1965, dalle leggi n. 125 del 2008 e n. 94 del 2009,
non hanno modificato la natura preventiva della confisca emessa nell’ambito del procedimento di prevenzione,
sicché rimane tuttora valida l’assimilazione dell’istituto alle misure di sicurezza e, dunque, l’applicabilità, in
caso di successioni di leggi nel tempo, della previsione di cui all’art. 200 cod. pen.». In precedenza, si veda Cass.
14.5.2009, dep. 1.9.2009, n. 33597, in CEDCass m. 245251 e, in dottrina, GIUNTA, Fausto – Verso una nuova peri-
colosità sociale. In: PAVARINI Massimo; STORTONI Luigi (a cura di). In: Pericolosità e giustizia penale. Bologna:
Bononia University Press, 2013, p. 89.
66 Valgano le considerazioni spese da C. cost., 7.4.2004, ord. n. 124, chiamata a pronunciarsi a seguito della que-
stione di legittimità rispetto all’art. 27 co. 3 Cost. dell’allora vigente art. 3 della l. 1423/1956, nella parte in cui
consentiva l’applicazione della sorveglianza speciale della pubblica sicurezza nei confronti di persona detenuta.
Secondo la Corte «per quanto concerne la denunciata ‘afflizione aggiuntiva’ – in assunto connessa al cumulo fra
pena e misura di prevenzione, segnatamente quando il reato per il quale è stata inflitta la pena assurga altresì ad
elemento fondante la valutazione di pericolosità del soggetto proposto per tale misura – va rilevato come essa
non implichi, di per sé, alcun vulnus al parametro costituzionale evocato, posto che la misura di prevenzione
assolve ad una funzione chiaramente distinta e non assimilabile a quella della pena: la stessa Carta costituziona-
le, del resto – consentendo il sistema del ‘doppio binario’ tra pene e misure di sicurezza (art. 25, secondo e terzo
comma, Cost.) – riconosce la possibilità del concorso fra due diversi strumenti di intervento, caratterizzati da
fini eterogenei, pure in presenza di una medesima situazione di fatto (la commissione del reato come illecito,
da sanzionare con la pena, e come indice di pericolosità sociale, da contrastare con la misura di sicurezza)».
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pericolosità per la sicurezza pubblica è una qualità che si apprezza non in chiave persono-
logica, ma per lo più puramente oggettiva67.
La logica della prevenzione rappresenta dunque una sorta di ‘canone inverso’ rispetto
ai principi di colpevolezza e di rieducazione di cui all’art. 27 Cost.68.
Lestraneità all’obiettivo rieducativo si apprezza anche dal punto di vista degli effetti
delle misure in analisi: gli artt. 66 ss. d. lgs. 159/2011 implicano l’estromissione del pre-
venuto dal contesto sociale, quanto meno dal punto di vista strettamente economico-pro-
duttivo, posto che prevedono decadenze e interdizioni (dalle licenze di commercio, dalle
partecipazioni a gare pubbliche, dalle autorizzazioni e dalle concessioni per lo svolgi-
mento di attività imprenditoriali, dai finanziamenti e dalle iscrizioni in registri pubblici
ecc.). Perfino la personalità della responsabilità, contenuto minimale dell’art. 27 co. 1 Cost.,
è posta in discussione da tali previsioni, se è vero che l’art. 67 co. 4 d. lgs. 159/2011 consente
al Tribunale di coinvolgere nei divieti e nelle preclusioni previste dai commi precedenti
chiunque conviva con il prevenuto.
Per completezza va rilevato che l’estraneità della disciplina in commento rispetto ai
contenuti dell’art. 27 Cost. è totale e riferibile dunque anche al profilo processuale della
regola di giudizio da applicare nel procedimento di prevenzione. Non vi è spazio per la
presunzione di innocenza, poiché l’intero rito si fonda su un’inversione dell’onere della
prova, essendo sufficiente all’applicazione della misura, come visto, un semplice indizio,
privo dei requisiti di cui all’art. 192 Cpp69.
Giungendo a sintesi, più che pretendere che vi siano delle tutele connaturate al diritto
della prevenzione è preferibile piuttosto applicare le garanzie reclamate dai diritti incisi dalle
misure ante delictum: determinatezza da una parte, riserva di giurisdizione effettiva (non
meramente formale), dall’altra parte.
67 Al netto di una serie di dubbi sulla consistenza scientifica del concetto, così rileva BALBI, Giuliano. Le misure di
prevenzione personali. Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 520. Sulle critiche in ordine alla
scarsa base empirica della nozione, a dispetto dell’importanza rivestita nel sistema penale e parapenale, MAGI,
Raffaello – Sul recupero di tassatività nelle misure di prevenzione personali. Tecniche sostenibili di accerta-
mento della pericolosità. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2017, p. 493 ss., che ritiene come la catego-
ria giuridica della pericolosità sociale sia tuttavia irrinunciabile. Sulla necessaria attualità della pericolosità del
proposto al momento della richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale Cass., 5.6.2019, dep.
21.6.2019, n. 27724 in DirGiust., 24.6.2019.
68 Lapproccio è evidente fin dalla sentenza n. 23/1964 ed è stato ribadito più di recente dalla pronuncia n. 48/1994.
Lestraneità delle misure in analisi al diritto penale è alla radice della giurisprudenza costituzionale che nega la
presenza della colpevolezza nello scenario della prevenzione, come rilevato da BALBI, Giuliano – Le misure di
prevenzione personali. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 513.
69 Si noti peraltro che, sul piano sovranazionale, la Corte Edu non ha ritenuto di per sé contraria alla Convenzione
la presenza di presunzioni o inversioni dell’onere della prova (cfr. C. eur., 7.10.1988, Salabiaku vs. Francia, § 28).
PITTARO, Paolo – La natura giuridica delle misure di prevenzione. In: FIORENTIN, Fabio (a cura di). Misure di
prevenzione personali e patrimoniali. Torino: Giappichelli, 2018, p. 153, rileva come quello della prevenzione sia un
sistema probatorio attenuato, se comparato con quello del sistema penale in senso stretto.
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6. La distinzione essenziale sulla base del rapporto costi/benefici:
prevenzione patrimoniale vs prevenzione personale
Tirando le fila del discorso svolto nei paragrafi precedenti, è possibile affermare che le
sanzioni penali e le misure di prevenzione abbiano un comune denominatore, la capacità
afflittiva, e un elemento differenziale, la funzione punitiva, che è propria solo delle prime.
Mentre l’afflittività di entrambe implica l’estensione di alcune garanzie costituzionali
dalle une alle altre, la funzione strettamente punitiva conduce a ritenere applicabili alle
sole sanzioni penali tutti i corollari della legalità e i presidi personalistici offerti dalla col-
pevolezza.
Dal punto di vista dei parametri costituzionali spendibili per sorvegliare l’impiego
delle misure ante delictum, è emersa l’imprescindibilità del riferimento all’art. 25 Cost., sub
specie di tassatività delle fattispecie di pericolosità, e all’art. 13 Cost. che, rispettivamente,
dal punto di vista sostanziale e da quello processuale, testimoniano le garanzie ineludibili
da rispettare allorché venga in gioco una compressione della libertà personale, tanto se
preventiva alla commissione di un fatto di reato quanto se reattiva ad esso70.
Ecco dunque il volto costituzionale delle misure di prevenzione, disegnato sulla base
della loro capacità di incidere sui diritti e sullo status sociale dei cittadini71.
Ciò non di meno, la legittimità costituzionale di siffatte misure non ne implica l’oppor-
tunità e l’utilità.
70 La nozione di libertà personale di cui all’art. 13 Cost. viene intesa come libertà della persona in senso stretto,
diritto che conduce direttamente all’habeas corpus, come segnalato dalla Corte costituzionale fin dalla sent. n.
45/1960, che rinvia alla n. 2 del 1956. In una successiva occasione, con la sentenza n. 68/1994, trattando della
misura del foglio di via obbligatorio, la Corte ha rilevato che la degradazione giuridica del destinatario, che
attiva la norma in analisi, deve intendersi come la menomazione o mortificazione della dignità o del prestigio
del destinatario, tale da poter essere equiparata all’assoggettamento all’altrui potere. Naturalmente non è esente
nella giurisprudenza della Corte anche una declinazione quantitativa della restrizione della libertà personale
riconducibile al cono di tutela della disposizione costituzionale. Con la sentenza n. 13/1972, relativa alla misura
dell’accompagnamento coattivo di pubblica sicurezza di cui all’art. 15 del T.U.L.P.S., la Corte ha affermato come la
limitazione della libertà non era tale da richiedere le garanzie della previsione costituzionale in quanto l’immo-
bilizzazione del soggetto per effettuare i rilievi dattiloscopici era momentanea. Allo stesso modo, più di recente
(C. cost., 19.5.1997 n. 144), la Corte costituzionale ha ritenuto che l’ordine di presentazione agli uffici di polizia
durante una competizione sportiva non richiedesse la convalida di cui alle norme del codice di procedura pena-
le, poiché l’incisione della libertà personale, pur esistente, era da ritenersi modesta.
71 Si deve tenere però naturalmente conto di quanto correttamente la dottrina ha da tempo avuto premura di
precisare, vale a dire che non ogni ipotesi di coazione fisica deve essere semplicisticamente ricondotta all’art.
13, soprattutto allorquando sia giustificata da ragioni oggettive e non squalificanti, come accade ad esempio
in materia di igiene e salute pubblica. Si legga MORTATI, Costantino – Rimpatrio obbligatorio e Costituzione.
Giurisprudenza Costituzionale, Milano, 1960, p. 683. Per AMATO, Giuliano – Commento allart. 13, Bologna-Roma:
Zanichelli-Il foro italiano, 1977, p. 47 s., invece, il rispetto della procedura indicata dall’art. 13 Cost. sarebbe im-
posto in materia di misure di prevenzione non perché esse incidano sempre sulla libertà personale, ma perché
presuppongono un giudizio di carattere degradante sulla persona.
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Sono valutazioni costo/beneficio che dovrebbero indurre ad abbandonare siffatta stra-
tegia di controllo sociale: la prevenzione presenta infatti oneri non giustificati da correla-
tive utilità collettive.
Non solo spese per il mantenimento degli apparati per l’applicazione delle misure,
ma costi immateriali, non da ultimo l’alone di sospetto che circonda la prevenzione e che
impone un costante monitoraggio delle stesse da parte delle istituzioni di garanzia72. Per
usare un termine della scienza economica, queste misure scontano un “alto costo di tran-
sazione”, qui da misurare in termini di legittimazione sociale e di congruenza con i prin-
cipi fondamentali di sistema, da intendere come sintesi di Costituzione e convenzione.
É poi una considerazione effettuale a imporsi: ben prima di possibili profili di
illegittimità costituzionale delle misure personali è la questione, tutta di fatto, della loro
inefficacia preventiva a metterne in discussione la permanente legittimazione nel nostro
sistema del controllo sociale73.
Che si possa fare a meno della prevenzione personale è dimostrato, per tabulas, da una
semplice analisi comparatistica, come quella condotta proprio di recente in una sede ‘qua-
lificata’: la Corte Edu, nella sentenza De Tommaso vs Italia, ha rilevato (§ 69) come istituti
simili alle nostre misure ante delictum siano presenti solo in 5 dei 34 Stati membri del Con-
siglio d’Europa74.
72 Ricorda di recente come sospetti di illegittimità costituzionale abbiano sempre aleggiato sulla valutazione di
pericolosità del soggetto proposto per l’applicazione delle misure MAZZACUVA, Francesco – La prevenzione
sostenibile. In: Cassazione penale, Milano, 2018, p. 1022. Nota l’evoluzione della percezione della cultura penalistica
rispetto a siffatte misure, dalla diffidenza rispetto alla loro funzione alla critica rispetto ad aspetti esteriori della
loro legalità, PALAZZO, Francesco – Per un ripensamento radicale del sistema di prevenzione ante delictum. In:
Criminalia, Pisa, 2017, p. 140.
73 Nella ricerca empirica condotta da MARIANI, Elena – Le misure di prevenzione personali nella prassi milanese.
In: Diritto penale contemporaneo, 2018, 10, p. 307, territorialmente ristretta al distretto della Corte di Appello di Mi-
lano, è emersa chiaramente l’inadeguatezza dell’attuale sistema della prevenzione personale. Rileva infatti l’Au-
tore: «L’inefficacia dell’attuale normativa, che comporta la necessità di un suo radicale ripensamento, sembra
confermata anche dal fatto che ben 422 soggetti dei 732 che sono arrivati all’attenzione del Tribunale nel periodo
esaminato erano già stati sottoposti ad una o più misure di prevenzione tipiche e/o atipiche. Solamente per 46
di essi vi è stato il rigetto della proposta e non è stata applicata o aggravata o reiterata la sorveglianza speciale
sul presupposto che non fossero più meritevoli di una misura di prevenzione, mentre per gli altri 376 i giudici
hanno ritenuto che la pericolosità sociale sussistesse ancora. Nella grande maggioranza dei casi (89,1%), quindi,
vi è stato il fallimento del precedente intervento preventivo».
74 È la nota C. eur. G.C., 23.2.2017, De Tommaso vs Italia, in www.penalecontemporaneo.it, con note di F. VIGANÒ,
LA CORTE DI STRASBURGO ASSESTA UN DURO COLPO ALLA DISCIPLINA ITALIANA DELLE MISURE DI PREVENZIONE
PERSONALE, 3.3.2017, E MAUGERI, ANNA MARIA, MISURE DI PREVENZIONE E FATTISPECIE DI PERICOLOSITÀ GE
NERICA: LA CORTE EUROPEA CONDANNA L’ITALIA PER LA MANCANZA DI QUALITÀ DELLE “LEGGE, MA UNA RONDINE
NON FA PRIMAVERA, 6.3.2017; SI VEDA ANCHE QUELLA DI MAIELLO, VINCENZO  DE TOMMASO C. ITALIA E
LA CATTIVA COSCIENZA DELLE MISURE DI PREVENZIONE. IN: DIRITTO PENALE E PROCESSO, MILANO, 2017,
P. 1039. SI LEGGE AL § 69 DELLA SENTENZA: ACCORDING TO THE INFORMATION AVAILABLE TO THE COURT ON
THE LEGISLATION OF THIRTYFOUR MEMBER STATES, THE VAST MAJORITY OF THE COUNTRIES SURVEYED TWEN
TYNINE COUNTRIES OUT OF THIRTYFOUR DO NOT HAVE ANY MEASURES COMPARABLE TO THOSE APPLIED IN IT
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Sia detto solo per inciso: le valutazioni sin qui svolte non valgono, se non in parte, per
le misure di prevenzione patrimoniale, di cui non abbiamo fatto cenno nel presente lavoro.
Al netto di un’inevitabile modulazione ‘al rialzo’ delle garanzie, in primis processuali75,
che la rendano pienamente compatibile con lo scenario costituzionale, deve ammetter-
sene una maggiore giustificabilità in unottica di sistema.
Innanzitutto, dal punto di vista funzionale: si tratta infatti di misure ablative sicu-
ramente idonee a privare dei mezzi di sostentamento le associazioni criminali mafiose e
terroristiche o comunque ad ostacolarne grandemente l’operatività, oltre a rappresentare
un forte disincentivo alla commissione di reati economicamente motivati; finalità dunque
che sono molto più nitide e suscettibili di verifica ex post rispetto alle misure personali.
Inoltre, forse soprattutto, si stagliano nitidamente di fronte all’interprete interessi afferra-
bili, alla cui tutela la prevenzione patrimoniale si rivela strumentale: l’accumulazione ille-
gittima di profitti genera infatti perversi effetti distorsivi sul mercato e sulla concorrenza,
con evidenti e misurabili ricadute negative per la collettività.
Si può dunque pensare che, in futuro, la prevenzione possa essere ridotta alla pura pre-
venzione economica (previa migliore calibratura rispetto ai diritti del prevenuto). D’altra
parte, già oggi, la confisca è ormai molto distante dalle misure personali: il principio di indi-
pendenza reciproca tra le due tipologie di strumenti ante delictum era stato riconosciuto con
il d.l. n. 92 del 200876 venendo poi confermato dalla l. n. 94 del 200977. Lassetto è stato, infine,
cristallizzato dall’art. 18 d. lgs. 6.9.2011 n. 159, sicché è possibile procedere all’applicazione dis-
giunta delle due tipologie di misure, finanche ammettendo che le patrimoniali operino in
difetto dei presupposti di quelle personali, dunque della stessa pericolosità del proposto al
momento della richiesta78.
ALY IN THE PRESENT CASE. MEASURES OF THIS KIND CAN BE FOUND IN ONLY FIVE COUNTRIES AUSTRIA, FRANCE,
RUSSIA, SWITZERLAND AND THE UNITED KINGDOM».
75 Per unanalisi critica dei profili processuali delle misure di prevenzione, si veda da ultimo ORLANDI, Renzo –
La ‘Fattispecie di pericolosità’. Presupposti di applicazione delle misure e tipologie soggettive nella prospettiva
processuale. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 470 ss.
76 Il decreto, all’art. 10, comma 1, lett. c), modificava l’art. 2 bis della l. n. 575/1975 e consentiva che le due tipologie
di misure potessero essere richieste e applicate disgiuntamente e che altresì la loro applicazione avesse luogo
anche in caso di morte del soggetto (con prosecuzione del procedimento nei confronti degli eredi o comunque
aventi causa, nell’ipotesi in cui la morte fosse sopraggiunta nel corso del procedimento).
77 La l. n. 94/2009 ha modificato, con l’art. 2, comma 22, l’art. 10, comma 1, lettera c), numero 2), del d.l. 92/2008,
chiarendo che le misure in questione potessero essere applicate indipendentemente dalla pericolosità sociale
del proposto al momento della richiesta.
78 In base all’art. 18 co. 1 del d. lgs. 159/2011, le misure patrimoniali prescindono dalla pericolosità sociale del pro-
posto. Sull’applicazione disgiunta delle misure di prevenzione si era espressa anche la Corte costituzionale, che
l’aveva ritenuta impossibile in assenza di una scelta di politica criminale in tal senso da parte del legislatore. Sul
punto si vedano FIANDACA, Giovanni; MUSCO, Enzo – Diritto penale. Parte generale, Bologna: Zanichelli, 2019, p.
921 ss. Sul punto cfr. poi Cass. S.U. 26.6.2014, dep. 2.2.2015, n. 4880, (Rv. 262604), in Rivista italiana di diritto e procedura
penale, 2015, p. 922, secondo la quale «La possibilità di applicazione disgiunta della confisca dalla misura di preven-
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Conclusioni. Lo scenario futuro: l’amputazione della prevenzione
personale dal controllo sociale
Le misure in analisi si pongono al limite estremo della coercizione legittima da parte dello
Stato democratico79 e il dovere del giurista liberale è di chiedersi se sia davvero necessario
spingere fino a tale punto il controllo pubblico posto che la misura ante (o praeter) delictum è
solo una delle possibili opzioni sul campo, una species del genus della prevenzione giuridica
degli illeciti penali.
La prevenzione del crimine è certamente uno dei doveri primari di ogni legislatore
contemporaneo, ma i percorsi possibili per adempiere a tale obbligo80 sono molteplici e
l’impiego di misure restrittive della libertà personale (o di ablazione patrimoniale) in via
anticipata rispetto al compimento di qualsivoglia illecito è solo uno dei tanti e peraltro il
più costoso, in termini di sacrificio dei diritti dei destinatari.
Senza voler scomodare il riferimento a politiche sociali di integrazione e rimanendo
al solo ambito del diritto pubblico, in chiave di razionalità di scopo è ovvio pensare che la
più efficiente profilassi, soprattutto rispetto ai fenomeni criminosi più temuti (terrorismo,
associazioni mafiose), si compia sul piano dell’intelligence e delle investigazioni preventive,
piuttosto che attraverso obblighi o divieti di soggiorno, con il corredo di prescrizioni varie-
gate o ammonizioni a tenere condotte conformi alla legge.
Eppure, misure come il foglio di via obbligatorio e l’avviso orale (le c.d. misure questo-
rili), da una parte, e la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, dall’altra parte, conti-
nuano oggi a prosperare sia sul piano della prassi che su quello della legislazione, pur in
presenza di fattispecie penali sempre più anticipate e disancorate da un collegamento con
associazioni illecite81.
Un simile approccio trova fondamento in una visione ‘riduzionistica’, se non autoritaria,
del concetto di sicurezza pubblica82, che considera cioè questultima come sinonimo di ordine
zione personale, così come emerge dalle riforme normative operate dalla l. 24.7.2008 n. 125 e dalla l. 15.7.2009 n. 94,
non ha introdotto nel nostro ordinamento una “actio in rem, restando presupposto ineludibile di applicazione della
misura di prevenzione patrimoniale la pericolosità del soggetto inciso, in particolare la circostanza che questi fosse
tale al momento dell’acquisto del bene».
79 Di diritto penale al limite” ha parlato PELISSERO, Marco – Contrasto al terrorismo internazionale e diritto penale
al limite. In: Questione giustizia, 2016, p. 99 ss.
80 Nello stesso senso PETRINI, Davide – La prevenzione inutile. Illegittimità delle misure praeter delictum. Napoli: Jo-
vene, 1996, p. 175; PULITANÒ, DOMENICO  MISURE DI PREVENZIONE E PROBLEMA DELLA PREVENZIO
NE. IN: RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO E PROCEDURA PENALE, MILANO, 2017, P. 639.
81 Come notato da PELISSERO, Marco – I destinatari della prevenzione praeter delictum: la pericolosità da prevenire
e la pericolosità da punire. In: Rivista italiana di diritto e procedura penale, Milano, 2017, p. 463.
82 Sulle molteplici accezioni della sicurezza, declinabili ora in senso liberale ora nel ben più problematico senso
securitario, PULITANÒ, DOMENICO  SICUREZZA E DIRITTO PENALE. IN: DONINI, MASSIMO; PAVARINI,
MASSIMO A CURA DI. IN: SICUREZZA E DIRITTO PENALE. BOLOGNA: BONONIA UNIVERSITY PRESS, 2011, P.
121 SS. SULLA TENDENZA AD OBBLIGARE IL DIRITTO PENALE A PRODURRE SICUREZZA PER I CITTADINI
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